--NOTA--
elementi anagrafici/fisiologici/personali scrivente dichiarati in
nanosked solidale a questo inforek --OGGETTO—fine cosmonave
esplorazione profonda “Albert Einstein” –DESTINATARIO—tutti
coloro in grado di capire/NO CLASSIFICATO/NO SEGRETO – POSIZIONE
pianeta/data/ora/ elementi sconosciuti –FINE--
L’umanità,
con una lenta e lunga partenza, ha intrapreso le vie dello spazio.
Raggiunto pianeti, sistemi stellari, terraformato e fondate nuove
civiltà. L’ultima frontiera dell’esplorazione è oltrepassare le
barriere dimensionali; piegare il vuoto cosmico, perforarlo, aprire
un condotto dimensionale ed uscire all’estremo opposto.
In
orbita intorno a Marte hanno assemblato lo strumento per questa
operazione. Con 5 anni di lavoro intenso è nata la cosmonave per
esplorazione profonda “Albert Einstein”. Costruzione finanziata
dalla Fondazione Scientifica Universale del sistema Solare; ricerca,
sviluppo, assemblaggio e collaudo affidati al consorzio SuperCosmo.
Una
lunga serie di moduli sferici e elittici connessi tra di loro uniti a
un esile struttura a traliccio. Al centro dell’allineamento due
corone circolari controrotanti a grande raggio assicurano la
desiderata gravità artificiale. La sagoma delineata dalle luci di
posizione, il profilo segnato dagli innumerevoli sensori e una
intelligenza artificiale a rete distribuita. Questo il corpo della
macchina.
Nel
cuore 3 generatori a plasma ionico. Quasi soli artificiali;
prodigiosi e complicati forniscono energia e forza bruta per la
propulsione stellare.
Ultimata
la “Einstein” ha rivelato le enormi dimensioni. Definita non una
astronave ma una stazione spaziale a elevata mobilità accoglie e
protegge dalle insidie delle galassie un equipaggio di 1.325 persone.
Addetti
alla navigazione, specialisti, scienziati e un giornalista
scientifico, io; incaricato di lanciare verso la base nel sistema
solare accurati resoconti dell’ impresa per soddisfare la curiosità
della intera umanità.
Dopo
6 mesi di preparazione intensiva trascorsi in aule e simulatori della
Alta Scuola di navigazione Spaziale inizia la grande avventura
professionale della mia vita.
La
cosmonave attraversa lo spazio sicura gestita automaticamente dal
sistema di controllo. Solo un lieve e breve sussulto quando alla
massima potenza entriamo nel condotto; all’uscita troviamo un altro
universo apparentemente simile a quello conosciuto.
Un
dolce brindisi collettivo e procediamo tra le stelle; abbraccio
Amelianna, ingegnere motorista.
Complice
una intervista siamo diventati amici. Sempre più stretti e poi
inseparabili; la mia storia d’amore tra le nebulose.
Splendido
e magnifico; più che una esplorazione vivo una comoda crociera.
Fumo.
Filtra silenzioso dalla porta della comoda cabina dove alloggio. Sono
con Amelianna che dopo qualche istante ha i grandi occhi azzurri
irritati. Mi brucia la gola, tossisco.
Facciamo
cadere la scacchiera, usciamo nel corridoio centrale del ponte 0A7.
Il mio bellissimo ingenere motorista osserva uno dei tanti pannelli,
installati ovunque, che illustrano gli stati principali della “Albert
Einstein”.
Con
tono professionale, distaccato e il volto terreo dice che è finita;
uno dei generatori a plasma ionico è un sole invecchiato
rapidamente.
La
sua distruzione è vicinissima e inghiottirà l’intera cosmonave.
Afferma che devo andarmene; lei vuole e deve aiutare il resto
dell’equipaggio.
Non
voglio lasciarla, per un attimo mi fissa; e lancia un pugno sul mio
volto. Quasi tramortito sono spinto all’interno di una capsula di
salvataggio.
Dolore
al volto. Vista annebbiata; sento il rumore della detonazione della
cariche esplosive che fratturano gli attacchi. Le orecchie sibilano,
la capsula è proiettata nello spazio; improvvisamente sono in
assenza di gravità e fluttuo.
Urto
qualche cosa e perdo conoscenza.
Torno
allo stato cosciente; sono bagnato di sudore e segnato da lividi.
La
capsula di salvataggio si è posata sul suolo del più vicino pianeta
in grado di accogliere forme di vita umane; questo è il programma
del dispositivo.
Base
rettangolare, i lati corti raggiati, pareti esterne leggermente
ricurve verso la parte alta più stretta della base. Sgraziata e
funzionale è anche una unità di sopravvivenza; applicati
all’esterno motori a razzo modulari controllano l’assetto e
frenano la discesa.
I
sensori quantici a lungo raggio rilevano le caratteristiche dei corpi
celesti e il sistema di controllo dirige verso un mondo abitabile a
portata di mano.
Sono
sempre stato incosciente. Non ho idea di quanto è occorso per
completare questo viaggio di sola andata.
Queste
unità portano in salvo l’equipaggio esaurendo completamente le
risorse che le rendono mobili. Devo attendere i soccorsi.
La
capsula contiene materiale, attrezzature e riserve per lo
stazionamento di 2 anni per 4 persone.
Sono
solo, circondato dall’abbondanza della disperazione.
Apro
il portello; scivolo all’esterno. La vegetazione è fitta, intensa.
Ovunque
io sia mi trovo nell’equivalente del giorno; all’orizzonte 2 soli
bianchi campeggiano nel cielo lievemente verde. Irradiano una luce
intensa.
La
capsula presenta segni di carbonizzazione e surriscaldamento dovuti
all’entrata nell’atmosfera del pianeta.
Sono
fortunato; il calore non ha incendiato tronchi e arbusti.
Le
funi dei paracadute di frenata, stesi come grandi stracci gialli e
blu, pendono lungo i lati. Guidano la vista alla loro origine, al
centro dei residui degi involucri sferici grigi, dove sono alloggiati
ripiegati.
Tra
le posizioni dei paracadute vedo una fune tesa nell’aria, lunga
circa 50 metri. Trattiene un pallone di segnalazione bianco e
arancione del diametro di 5 metri.
Gonfiaggio
automatico all’impatto; utile per l’avvistamento ottico.
Al
contatto strumentale sono dedicati 3 radiofari indipendenti sempre in
funzione attivati al distacco dalla cosmonave.
Respiro
a fondo, l’aria è fresca e leggera; osservo le piante con parecchi
rami carichi di frutti sconosciuti.
Il
sistema di autoanalisi biologica li indica come commestibili; non
morirò di fame, e forse non rischio la sete. La superficie presenta
una miriade di piccole sorgenti di acqua limpida, trasparente.
La
verifica con il kit di reagenti chimici conferma la potabilità.
Il
silenzio è inquietante. Non vedo animali, o loro tracce. Assenti gli
insetti. Nessuna forma di vita evoluta.
I
soli tramontano; i gruppi fotovoltaici applicati alla capsula sono
efficienti. Il cielo è uno sfondo nero punteggiato da stelle
arancioni.
Dopo
la notte affronto un altro giorno. Cammino nell’erba alta, a volte
inciampo in arbusti bassi e insidiosi; giro intorno a gruppi di
grandi alberi con i tronchi contorti e aggrovigliati tra di loro.
Il
suolo diventa progressivamente brullo, grigio e cosparso di pietre.
Ho
alle spalle quello che sulla terra definiamo un bosco; all’orizzonte
intravedo una costruzione. Allungo i passi, mi avvicino trepidante.
Altri
esseri viventi riuniti in civiltà. Forse sono in grado di aiutarmi.
Un
muro, una semplice alta e larga parete. La forma ricorda un trapezio
scaleno; la consistenza e il colore sono simili al cemento.
Quasi
al centro un portale; distribuite sulla superficie a diverse altezze
delle aperture. I loro perimetri sono poligoni irregolari.
Questo
muro inspiegabile non è liscio, è ricoperto di rilievi. Questa
l’impressione a distanza. Visti da vicino sono inequivocabilmente
teschi.
Di
forma e probabilmente origini diverse. Ma tutti umanoidi.
Il
visore del rilevatore di temperatura ambiente incorporato nella tuta
indica un temperatura gradevole. Io ho freddo, sono gelato e sudato.
Avvicino
agli occhi il binocolo. Ruoto per 360°; non vedo nessuno. Meglio.
Massimo
ingrandimento. Oltre la parete osservo nell’aria nitida un percorso
sterrato relativamente largo. Distanziati regolarmente dei portali,
rivestiti di ossa, delinano il tracciato che termina in una piazzola
segnata da residui e carbonizzazioni di combustione.
Motori
a razzo. Questo luogo è visitato, forse con una buona frequenza.
Paura,
l’unica sensazione di questo momento. Ancestrale, brutale.
Noi
abitanti della terra. Sempre alla ricerca del contatto; tutte le
nostre dotazioni sono brillanti, colorate, fosforescenti.
Vogliamo
essere visti. Desideriamo comunicare. A nessuno è mai passato per la
mente che in qualche altro universo possano esistere forme di vita
non vogliono tutto questo; espressioni di civiltà in attesa di
distruggere e fare a pezzi gli altri.
In
questo mondo io sono un alieno. E ora, in qualche luogo, è in fase
di organizzazione una grande caccia mortale all’essere sconosciuto.
Respiro
a fondo e corro alla capsula di salvataggio.
Sono
arrivato al portello, entro e chiudo. Le mani e le gambe tremano.
Mi
lascio cadere sul pavimento; rimango coricato e tento di riprendere
una respirazione normale.
Disattivo
radiofari e illuminazione. Esco, calo il pallone di segnalazione; lo
sgonfio, lo distruggo e raccolgo i paracadute.
Taglio
rami, sradico arbusti e mimetizzo il rifugio. Entro, blocco
l’ingresso e nell’oscurità attendo un'altra notte.
Ho
al mio attivo 6 mesi di corso. Non ho preparazione difensiva; I
pensieri raggiungono Amelianna; proveniva dalle forze armate.
Lei
saprebbe cosa fare. Spero che abbia raggiunto la salvezza; il ricordo
è spaventoso, sembra un riverbero del passato remoto.
I
soli sono di nuovo alti; un nuovo giorno. Voglio evitare la morte il
più a lungo possibile; per vendere cara la pelle devo conoscere
meglio l’ambiente che mi circonda.
Con
circospezione mi avventuro nuovamente nella vegetazione fitta.
Fermo
in una radura osservo l’orizzonte. Cerco una collina, o un rilievo,
che mi permettano di vedere dall’alto.
Nulla,
tutto è incredibilmente pianeggiante. Poi una sensazione apre la mia
mente. Mi chiamano, ma le orecchie non percepiscono suoni.
Giro
di nuovo lentamente le spalle e vedo gli abitanti di questo mondo.
Sono in 5. E io non riesco, anzi non voglio muovermi.
La
mia mente vede che non vogliono farmi del male. Loro hanno aperto il
mio cervello.
Telepatia;
una astrazione scientifica, ora è realtà. La comunicazione mentale
non ha bisogno di lingue e interpreti, avviene immediatamente per
immagini. Istantanea e visuale.
Desiderano
spiegarmi; con i pensieri creo uno schizzo dal significato: sono
d’accordo, finalmente.
Una
pausa, e li osservo esteriormente. Sono umanoidi sicuramente, con
quattro arti e una testa. Per il resto ognuno ha colori della pelle,
conformazione scheletrica, muscolare ed espressioni facciali diverse.
Similitudine
di base associata a una diversificazione individuale.
Indossano
indumenti che sono, o erano uniformi. Nelle mani, tra le varie
categorie di dita, stringono oggetti che probabilmente sono strumenti
scientifici.
Presumo
che non abbiano armi. Sembrano stanchi, siamo tutti esausti.
Sediamo
tutti nell’erba della radura. Tre di loro addirittura si coricano
comodamente.
Vedo
di nuovo il flusso di informazioni . . .
.
. . persona venuta da un altro universo, il mio nome è Tmaak. Sono
profondamente rattristato per la tua sorte che tu non volevi.
Preghiamo
gli spiriti: che possano almeno attenuare le tue sofferenze.
Per
aiutarti a comprendere devo partire dalle origini degli eventi.
Questo
è il pianeta Bsen. Uno dei 12 che compongono il sistema planetario
dei soli identici.
In
tutti i corpi celesti vivevano popolazioni dedite al lavoro, allo
studio e al commercio. Il progresso aveva reso facili gli spostamenti
interplanetari.
Un
arco temporale breve e i 12 pianeti erano diventati una sola nazione,
con unico governo. La prosperità sembrava eterna. Sottilmente,
invisibili, le crepe del disatro erano presenti.
Le
scuole filosofiche moltiplicarono il loro numero manifestando
intolleranze reciproche. Influenzavano l’assemblea centrale e i
governi locali.
Ognuna
predicava la propria singola legittimazione e l’esclusione delle
altre. Le divisioni, le fazioni e la guerra; questo il loro futuro e
il nostro passato.
Intere
generazioni nate e allevate per morire in infinite battaglie.
Combattute con ogni genere di armi. Dalla superficie dei pianeti al
vuoto astrale.
Radiazioni,
carestia, distruzioni, deformazioni, mutazioni. Questo è rimasto;
insieme al male che colpisce ancora.
Con
i nostri limitati strumenti abbiamo seguito l’avvicinamento al
nostro sistema del veicolo spaziale dal quale provieni.
Abbiamo
sperato . . . ma avete attivato un mina elettrostatica a occultamento
olografico.
Sono
tante, e non conosciamo con precisione la posizione di tutte.
L’ologramma acquisisce e simula l’aspetto del cosmo e le rende
invisibili all’osservazione. Hanno un dispositivo predisposto per
ingannare i sensori di rilevamento.
L’attivazione,
innescata da un apparecchio di vicinanza, genera un impulso
elettrostatico di elevata potenza; danneggia e altera i sistemi di
controllo rendendo ingovernabile il veicolo spaziale colpito.
Nel
vostro caso ha creato delle condizioni che hanno portato alla
distruzione totale.
Siamo
profondamente addolorati. Tu sei l’unico superstite; abbiamo
implorato a lungo gli spiriti perché assistano il ricordo dei tuoi
compagni di viaggio.
Bsen
è il luogo dove la vita ha ancora qualche possibilità. Il conflitto
interminabile ha cancellato quasi tutti gli abitanti dei pianeti.
I
rimasti vivevano nel sottosuolo, in caverne protette. Tentavano di
rallentare l’arrivo delle contaminazioni.
Questo
corpo cosmico era degradato, ma l’atmosfera respirabile.
Per
non essere assorbiti dall’oblio, allora la guerra è cessata;
nessuna memoria della causa. Stirpi di gente morta, questa la storia
vera.
Viviamo
tutti in questo luogo. Gli altri 11 pianeti sono abbandonati. Le loro
superfici avvolte nei miasmi della morte e custodite dai fantasmi ;
in questo tempo non sappiamo se troveremo il modo di renderli di
nuovo mondi vivi.
Il
suolo di Bsen è lentamente recuperabile. Come vedi siamo riusciti a
fare sgorgare l’acqua e la vegetazione cresce.
Viviamo
di vegetali, e i curatori sviluppano medicine dalle erbe. Non
esistono altre forme di esistenza minori; le abbiamo perse per
sempre.
La
tua forma di vita è molto simile alla nostra; puoi cibarti in
tranquillità e i curatori potranno avere l’onore di occuparsi
della tua salute.
Ringraziamo
gli spiriti per questa benevolenza.
Puoi
continuare a vivere dove sei arivato. Oppure trasferirti in un altro
luogo o in qualche villaggio. I regolamenti sono uno sbiadito ricordo
del passato; siamo in pochi e il territorio è vasto.
Noi
chiamiamo questo luogo il “monumento”.
Ora
l’aria trasporta il silenzio ma in un altro momento sono esistiti i
rumori e i bagliori della battaglia. Uno scontro tra le armate di 3
fazioni; una lotta feroce senza alleati.
Alla
fine nessuna vittoria e sconfitta per tutti. Le armi termiche avevano
lasciato incendi indomabili; centinaia di migliaia di cadaveri, il
ricordo dello scontro, è stato abbracciato dal fuoco.
Sono
rimaste le loro ossa. Le abbiamo seppellite quasi tutte; una parte
sono diventate il “monumento”. Simbolo e percorso per non
dimenticare mai la follia che ogni giorno pervade i nostri organismi.
Per
gli eredi perché vedano sempre le conseguenze del male.
Il
nostro sistema genetico è instabile. Nell’arco della esistenza
mutiamo colore della pelle, altezza, e tante altre caratteristiche
fisiche e sensoriali più volte.
Molti
vivono, alcuni muoiono presto. Forse nell’arco di 10 o 12
generazioni ritorneremo stabili. Forse . . .
Non
disponiamo più delle nozioni scientifiche e dei mezzi per riportarti
nel tuo mondo.
Purtroppo
condividerai la nostra sorte. Così è il destino disegnato dagli
spiriti . . .
Verità,
cruda e diretta. La nuova realtà della mia esistenza; noi che
abbiamo accettato l’imbarco sulla “Albert Einstein” abbiamo
previsto tutti la possibilità di sparire per sempre nello spazio.
Una
ipotesi remota, riposta in un profondo cassetto della mente.
Esiste;
il resto dell’equipaggio della cosmonave non è arrivato a queste
sensazioni, è diventato pulviscolo cosmico.
La
fortuna mi ha assistito, posso vivere.
Per
qualche istante penso alla storia dell’ umanità; una sequenza di
guerre infinita inervallate dalla pace tesa.
Tante
volte vicini all’inizio del processo di distruzione reciproca.
L’annientamento della vita; lentamente, nel corso dei secoli, tutto
è stato superato.
Il
genere umano è riuscito a cambiare strada, ha evitato la propria
fine.
In
questo universo, all’altro estremo del condotto, sono andati fino
in fondo.
Siatema
solare, terra. Non avete idea del grande privilegio concesso dal
destino; la pace duratura senza passare tra le spire di un conflitto
interminabile.
Devo
andare alla capsula di salvataggio. Insieme a tutti loro; vedremo se
tra gli equipaggiamenti esiste qualche attrezzatura utile alla mia
nuova gente.
Ora
sono un abitante di Bsen; addio pianeta azzurro.
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