Camminava
silenziosamente per le strade di LOK.23987 una città dal numero
alto, un agglomerato composto da strutture industriali che si
fondevano con i colori sbiaditi di quartieri residenziali costruiti
in epoche diverse.
I
capelli neri e lunghi erano accuratamente raccolti all’interno di
un berretto giallo; sulla tela era ricamata una mano blu, il simbolo
dell’ Ordine dei Portieri. La visiera abbassata le nascondeva
parzialmente gli occhi verdi incorniciati in un viso ovale e vestiva
l’abbondante completo sportivo come una protezione, una armatura di
tessuto per difendersi dal mondo.
Per
LOK.23987 era una bella giornata. Il cielo aveva perso il consueto
colore nero opaco in favore di un grigiore leggero e le piogge acide
fini ed untuose avevano dato un periodo di tregua.
Deulizia
con una mano si aggrappava ad uno degli spallacci del grosso zaino
che aveva sulla schiena, con l’altra sorreggeva un borsone.
Il
sistema di trasporto pubblico era in servizio, si poteva salire ma
nessuno era in grado di garantire l’arrivo alla prossima fermata.
Meglio camminare ed osservare silenziosamente.
Passo
dopo passo un odore nausebondo avvolgeva progressivamente Deulizia;
si rese conto di essere vicina ad una della grandi ventole
posizionate al livello del suolo che garantivano lo scambio di aria
nei quartieri sotterranei. Il mondo del sottosuolo. Uno dei programmi
della Divisione Architettura della AGG, Amministrazione Governativa
Generale.
Per
risparmiare il terreno avevano iniziato a costruire nel sottosuolo.
Centri commerciali, uffici di ogni genere e poi anche ospedali e
scuole. Tanti piani interrati che forse alla fine avrebbero raggiunto
l’anticamera dell’inferno.
I
sistemi di ventilazione erano asfittici per l’interno e
maleodoranti per la superficie. I liquami, convogliati in grandi
vasche di accumulo all’esterno a cielo aperto, grazie a centrali di
pompaggio avrebbero dovuto essere convogliati ai depuratori che
nessuno aveva mai costruito.
Ai
bordi delle LOK. si trovano le “piscine nere” come le chiama la
gente. Laghi di liquami che tracimano nel terreno emettendo miasmi
che tengono lontani anche i topi di fogna che a loro volta
preferiscono penetrare nelle abitazioni.
Per
garantire la salute pubblica la AGG distribuiva alla popolazione
tonnellate di antibiotici. Un popolo di ammalati e storditi.
In
quel momento la puzza percepita da Deulizia era diversa dal solito.
Comprese l’origine della variazione dell’essenza; passando vicino
alla gigantesca ventola vide che buona parte della protezione in rete
era stata divelta. Appesi alle pale vorticavano parti di corpi umani
che tendevano alla decomposizione.
Molte
erano avvolte in brandelli di tessuto ancora riconoscibile. Pezzi di
giacche verdi con grandi bottoni argentati, le uniformi del Corpo dei
Dragoni, e poi residui di abiti grigi e bianchi. I colori preferiti
da funzionari e dirigenti della AGG e delle conglomerate che
possedevano fabbriche e terreni coltivabili.
Deulizia
accelerò allontanadosi. Quello che aveva visto doveva essere la
conseguenza degli scontri avvenuti nelle prime ore della protesta.
Improvvisamente non si sentì più parte di quel mondo. Era la
seconda volta nel corso della sua esistenza che percepiva la realtà
come indifferente.
Lei
non era nata da quelle parti. Aveva visto la luce in una LOK. dal
numero incredibilmente basso. La gente le chiamava le “città
bianche” e generalmente per tutta la vita quasi tutti non le
avrebbero mai visitate o viste semplicemente anche in lontananza.
Erano
i luoghi dove vivevano i cittadini con il diritto di voto. Sedi dei
principali uffici governativi e degli organi politici e religiosi.
Belle, pulite ed ordinate. Con parchi e giardini ed il cielo azzurro,
lontane dai fumi e vapori delle LOK. agricole ed industriali. L’acqua
chiara sgorgava da fontane e legioni di robot e sistemi automatizzati
provvedevano ad ogni genere di manutenzione
e servizio riducendo al minimo il numero delle persone non votanti
che accedevano a quelle aree.
Era
cresciuta, ultimato felicemente il ciclo di studi ed il suo impiego e
destino erano già decisi, sicuri ed inviolabili. Ma lei sentiva una
distorsione. Impiegata in una Direzione Periferica aveva visto il
mondo degli altri che sentiva vivi come lei. Non riuscì più ad
accettare ipocrisia e vigliacchieria e si allontanò dalla famiglia e
dalle “città bianche”. Diventò una reietta ignorata per sempre
da famigliari e parenti ma il suo spirito si elevò sorretto dal
vento della libertà anche se rinunciando alla pianificazione
ministeriale personale fu depennata per sempre dagli elenchi dei
votanti.
In
lontananza udiva rumori ed echi di slogan gridati dalla folla.
Proseguì per la lunga via del Mercato, generalmente sempre animata
da venditori e clienti, ora era spettralmente vuota.
Vide
delle macchie rosse che bagnavano la polvere del marciapiede.
Si
infittivano fino a diventare una scia, di sangue.
Steso
a terra tra due banchi vuoti giaceva un giovane funzionario della
GEST.URB., la conglomerata privata che gestiva in appalto dalla AGG
le LOK.; portava il vestito azzurro classico per quel genere di
impiegati.
Il
sangue colava dal suo addome lacerato da qualche arma improvvisata.
Bagnava i resti della camicia bianca. Deulizia inziò ad avvicinarlo
rapidamente, istintivamente pronta a soccorrerlo, ma da una porta
accanto uscì un vecchio dalla barba bianca e ispida che brandiva un
lungo e robusto tubo metallico.
L’anziano
con un breve passo raggiunse il dipendente della GEST.URB. e colpì
la testa del ferito con il tubo. Per tre volte. Deulizia sentì il
rumore del cranio che si spaccava e vide la materia cerebrale che
schizzava sul consunto abito dell’uomo.
Era
integralmente dissociata. Il vecchio rimase immobile sul marciapiede
con il ferro insaguinato in una mano e lo sguardo inebetito perso nel
vuoto.
Proseguì
nel suo cammino. Aveva iniziato la nuova vita lavorando come meccanico
in uno stabilimento dove producevano motori ad idrogeno sperimentali;
due suoi colleghi avevano raggiunto il loro personale Creatore al
quale erano devoti a causa di diverse piccole carenze progettuali,
come disse la direzione.
Dopo
qualche giorno dall’arrivo a LOK.23987 si avvicinò ad uno degli
assembramenti vocianti e caotici che aveva notato dal momento che era
entrata in quella città.
Scoprì
la pallasporca. Due squadre improvissate di 20 elementi ciascuna si
contendevano un pallone da calcio con poche regole e molti spintoni.
Ogni
posto era buono per inventare sfide e giocare. Gli spettatori
incitavano, insultavano e frequentemente si pestavano tra di loro
anche dopo il termine dei tre tempi da 30 minuti l’uno.
Era
l’equivalente dell’antico sport del calcio. Nelle “città
bianche” lo si praticava in campi erbosi e seguendo le storiche
regole disputando un campionato annuale regolare.
Nelle
LOK si giocava dove capitava. Piazzali, strade chiuse, capannoni
abbandonati. Lo chiamavano pallasporca perché alla fine i giocatori
erano luridi di pioggia e polvere e segnati da lividi e ferite
provocati dalle cadute e dai contatti, sempre pesanti, con gli
avversari. L’arbitro era quasi inesistente, a volte agguantato e
bloccato dal pubblico che gli impediva di intervenire.
Alla
fine di uno dei tanti e sempre simili turni di lavoro in stabilimento
Pierjames, un compagno di lavoro alto e con le orecchie a sventola,
le chiese se aveva voglia di divertirsi. La invitò a partecipare ad
una partita, mancava il portiere.
Deulizia
accettò. Era convinta che del movimento fisico e magari anche un
minimo di divertimento le avrebbero fatto bene.
Il
campo prescelto era costituito da un vecchio piazzale dall’asfalto
ruvido e segnato da buche di ogni dimensione che, con il contributo
della pioggia, erano diventate pozzanghere viscide. Sulla superficie
consumata di un muro
in cemento sbrecciato e cadente era stato tracciato, con della
vernice rossa, un rettangolo dai contorni serpeggianti.
Quella
era la porta. Ed imparò subito una caratteristica fondamentale della
pallasporca.
Le
squadre sono due ma il portiere è uno solo; e tutti i partecipanti
giocano contro di lui cercando di segnare. Il vero unico arbitro e
baricentro della situazione e, se bravo, seguito da folle di
ammiratori personali.
Della
sua prima partita Deulizia ricordava molti segni neri sulla pelle ed
i cerotti. Ma era brava e continuò a giocare tra un riposo e l’altro
migliorando sempre.
Alla
fine di un incontro fu avvicinata da una donna alta e non più
giovane dai capelli grigi e ribelli che sfuggivano al pettine in ogni
direzione. Si presentò come Ekaterine, proprietaria di una rivendita
di ogni mercanzia; le chiese se poteva passare al negozio. Ekaterine
voleva parlargli.
Deulizia
passò da quelle parti e dopo essere stata gentilmente fatta
accomodare sopra un cassa contenente qualche genere mercantile
indefinito le fu chiesto se sarebbe stata interessata ad entrare nel
giro della pallasporca professionale.
Ekaterine
odiava l’ipocrisia e parlò chiaro. Il caotico emporio non era la
sua unica attività. Era anche una esponente della krikkah;
l’organizzazione illegale che ideava traffici ed attività illecite
di ogni genere.
Alla
krikkah la pallasporca piaceva e per la grande gioia dei concittadini
si impegnava ad organizzare partite. Per le quali gestiva poi
scommesse clandestine per cifre spaventose e lucrava abbondantemente
sui diritti che i network versavano per rilanciare in tempo reale in
rete gli eventi.
Si
poteva guadagnare bene, soldi dai network e dagli sponsor
pubblicitari, accompagnati dai contributi personali della krikkah.
Deulizia si rese conto che aveva l’occasione di procurarsi un
reddito allontanandosi dalla monotonia di un lavoro logorante.
Intravide una splendida avventura.
Accettò
ed entrò a fare parte dell’ Ordine dei Portieri, l’associazione
che gestiva
e tutelava quella particolare ed unica professione sportiva.
L’
Ordine dei Portieri in sintonia con la Associazione della Sfera, che
rappresentava gli altri giocatori, provvedevano a creare le squadre
che poi si sfidavano in singoli incontri o tornei.
Passo
dopo passo, con prudenza, Deulizia aveva raggiunto la grande e
rotonda Piazza del Culto dominata dalla facciata ingiallita di una
vecchia cattedrale sopravvissuta alla storia ed alle tante
ristrutturazioni urbanistiche. Parecchie vie raggiungevano, o si
diramavano, dalla Piazza del Culto in tutta la LOK.. Da una delle più
strette arrivava il rumore sempre più forte dei passi pesanti e
delle voci di un nutrito gruppo di persone in avvicinamento. Deulizia
rimase immobile, in attesa del loro passaggio.
L’improvvisato
corteo, formato da persone con indosso gli indumenti da lavoro, era
guidato da una ragazza robusta con i capelli rasati ed il cranio
tinto di nero lucido dall’espressione determinata che teneva tra le
mani una lunga ed indistruttibile asta di fibra di carbonio.
Sulla
sommità era infilata una testa, probabilmente in precedenza
attaccata al corpo di qualche dirigente, ormai gonfia di liquidi
necrotici e coperta di macchie marroni di sangue rappreso.
Sotto
di essa erano legati svariate maniche di giacca e pezzi di pantaloni
di ogni colore che formavano un grande ed irriverente simbolo
funereo.
I
componenti del gruppo camminavano uniti, spalla contro spalla, ed
ogni tanto urlavano a squarciagola: - sangue! libertà! e sempre
pallasporca!-.
La
popolazione era stata educata e condizionata all’efficienza ed alla
produzione; e questo avveniva anche durante la protesta.
I
lavoratori svolgevano il proprio turno di lavoro. E così tutto, o
quasi, funzionava. Poi, adeguatamente organizzati, dedicavano alcune
ore dei periodi di riposo alla devastazione e questo per i funzionari
di ogni livello era la morte che arrivava con i tempi e metodi da
loro sempre apprezzati e predicati. Li
lasciò passare mentre un rivolo di gelido sudore si faceva strada
tra i pori e la pelle della schiena. Deulizia, prima di muoversi di
nuovo, attese che la mente iniziasse a metabolizzare le nuove forme
dell’orrore. E cercò di pensare ad altro.
Come
professionista della pallasporca il suo corpo era ampiamente
impiantato con potenziamenti di ogni genere. Gli organi biomeccanici,
in origine utilizzati dai lavoratori per migliorare la risposta
fisica alle esigenze delle mansioni da svolgere, nelle LOK. erano in
vendita ovunque e costavano veramente poco. Erano anche inseriti nei
corpi da chiunque, per la AGG ufficialmente non si trattava di
medicina ma semplicemente di “ausili corporei”.
Imparò
a proteggere il corpo con tute imbottite e spessorate nei punti
strategici. Ma, nonostante l’esercizio in una palestra di proprietà
di un clan della krikkah, aveva una capacità polmonare limitata.
Il
suo primo impianto lo istallò il “cambogiano”. Titolare di un
piccolo esercizio dove vendeva pesci marinati e nel retrobottega, tra
fornelli e vasetti, praticava l’impiantistica perché specializzato
in medicina chirurgica. La sua famiglia non apparteva a nessuna
Corporazione Ufficiale e per la AGG doveva attendere una
collocazione. Una attesa eterna. Così l’omino dai tratti vagamente
asiatici ma dalla pelle bianca, quasi albina, per integrare si mise
in “affari” con gli alimentari. Posizionò all’imbocco dei
polmoni di Deulizia due microturbine; tanto fiato a prezzo modico.
Alla
seconda partita successiva all’istallazione Deulizia inspirò ed
ebbe alcuni colpi di tosse secchi, profondi; poì percepì qualche
cosa di estraneo in bocca. Sputò alcune delle nanopale delle
microturbine.
Alla
fine all’ Ordine dei Portieri la presero in giro tutti. Non era la
prima persona, e neanche l’ultima, che doveva confrontarsi con la
scarsa qualità dei prodotti ecessivamente economici del
“cambogiano”.
Il
corpo di Deulizia non rilasciava più il freddo sudore. Si mosse ed imboccò
una strada che conduceva direttamente all’area di intertrasporto.
Ai
lati tutti gli edifici della GEST.URB. e della AGG mostravano le
tracce di incendi che si erano estinti da soli, dopo che il fuoco
aveva divorato tutti gli elementi combustibili.
Passò
di fronte ad un Comando dei Dragoni. Era un cumulo di macerie.
L’avevano demolito. Un rullo compressore a comando remoto stava
schiacciando, uno schianto rumoroso dopo l’altro, tutte le
autovetture dei Dragoni prepitosamente abbandonate in posizioni
disordinate.
I
giorni della pallasporca, come piaceva a Deulizia, erano ormai
immensamente lontani da lei. Tutti i giocatori avevano impianti di
ogni genere a comando neurale. Atleti potenziati al massimo sviluppo.
Solo
il portiere aveva un ruolo. Gli altri agivano in squadre organizzate
da allenatori temporanei ma non avevano funzioni stabili. Si
scambiavano di posizione, tra corse, salti, acrobazie e mosse col
pallone che erano abilità e magia.
Ed
il pubblico andava in delirio.
Deulizia
rivedeva tutte le registrazioni della sue partite, per apprendere dai
possibili errori e migliorare il suo stile, ed era allora che godeva
di quello che riteneva il vero e grande spettacolo della pallasporca:
il pubblico.
Che
urlava e saltava, Ballava e mangiava. E beveva. La partita era canto,
festa e sfogo libero di energie.
Alla
fine, quando era ora di riscuotere, lei ed altri finanziavano il
Movimento. Una associazione libera che teneva corsi extrascolastici e
che, con la passione ed il lavoro volontario di tanti, tentava si
elevare il grado di consapevolezza e la qualità della vita della
gente delle LOK. E grazie anche all’impegno di Deulizia i risultati
erano incoraggianti.
Pallasporca
e Movimento: due ordini liberi. Secondo alcune persone strutture
fuori dai limiti.
Anche
nelle “città bianche” la gente aveva iniziato a seguire in
diretta rete le partite. E gli appassionati erano in costante
aumento. Diversi
giovani futuri cittadini votanti si recavano, con prudenza, nelle
LOK. dai lunghi numeri per assistere agli eventi ed avevano iniziato
a legare con i loro coetanei. In molti casi collaboravano attivamente
con il Movimento.
Per
i 31 saggi del Consiglio Amministrativo della AGG questa situazione
era ignobile, eretica e sovversiva.
Secondo
loro i legami che si stavano instaurando tra votanti e non votanti
avrebbero portato alla caduta di un sistema ormai consolidato da 320
anni.
E
decretarono il divieto assoluto di gioco della pallasporca e
l’abolizione del Movimento.
Deulizia
non ricorda in quale distante LOK dal numero troppo lungo. Ma è
consapevole che ormai da allora sono trascorse quasi 6 settimane.
Alla
faccia dei divieti due clan, con l’appoggio della krikkah, avevano
organizzato un incontro di pallasporca. Clandestino ovviamente ed
erano arrivati i Dragoni che avevano interrotto la festa.
Il
pubblico si contrariò, i giocatori si imbestialirono ed iniziarono
gli scontri che nell’arco di pochi giorni si estesero a tutta la
Nazione.
Dopo
secoli di condizionamento i non votanti liberarono le loro forze.
All’organizzazione “militare” provvedevano gli esponenti della
krikkah che avevano preso il comando delle operazioni e non
trascuravano di regolare una lunga serie di conti sospesi con il
nobile Corpo dei Dragoni.
Nobili
che frequentemente avevano fatto concorrenza sleale alla krikkah.
Il
Movimento venne resuscitato ed ai vertici si installarono gli
Occulti, i misteriosi capi clan della krikkah, che iniziarono a
trasformarsi in una entità politica.
Ormai
la AGG aveva cessato di esistere e le linde “città biance” erano
segnate dal fumo e dall’odore dei cadaveri accompagnati dal fragore
di improvvise esplosioni.
Deulizia
aveva lasciato una esistenza. Ora chiudeva un altro capitolo. La sua
destinazione era Equatore. Un area indipendente dalla Nazione dove, si
diceva, avventura e gioia di vivere esistevano ancora. Dove le
persone erano uguali e se volevano tutti potevano votare.
Entrò
nell’area di intertrasporto quasi deserta. Non esistevano più i
controllori e pagò il biglietto direttamente agli Equatoriali che
formavano l’equipaggio dello stratoplano diretto ad Equatore.
Le
indicarono un posto. Chiuse gli occhi e si rilassò prendendo sonno.
Non
percepì la lieve spinta del decollo. La Nazione era rimasta a terra
e lei era in volo. Ancora 45 minuti e si sarebbe svegliata alle
origini di una nuova vita.
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