mercoledì 21 gennaio 2015

PALLASPORCA

Camminava silenziosamente per le strade di LOK.23987 una città dal numero alto, un agglomerato composto da strutture industriali che si fondevano con i colori sbiaditi di quartieri residenziali costruiti in epoche diverse.
I capelli neri e lunghi erano accuratamente raccolti all’interno di un berretto giallo; sulla tela era ricamata una mano blu, il simbolo dell’ Ordine dei Portieri. La visiera abbassata le nascondeva parzialmente gli occhi verdi incorniciati in un viso ovale e vestiva l’abbondante completo sportivo come una protezione, una armatura di tessuto per difendersi dal mondo.
Per LOK.23987 era una bella giornata. Il cielo aveva perso il consueto colore nero opaco in favore di un grigiore leggero e le piogge acide fini ed untuose avevano dato un periodo di tregua.
Deulizia con una mano si aggrappava ad uno degli spallacci del grosso zaino che aveva sulla schiena, con l’altra sorreggeva un borsone.
Il sistema di trasporto pubblico era in servizio, si poteva salire ma nessuno era in grado di garantire l’arrivo alla prossima fermata. Meglio camminare ed osservare silenziosamente.
Passo dopo passo un odore nausebondo avvolgeva progressivamente Deulizia; si rese conto di essere vicina ad una della grandi ventole posizionate al livello del suolo che garantivano lo scambio di aria nei quartieri sotterranei. Il mondo del sottosuolo. Uno dei programmi della Divisione Architettura della AGG, Amministrazione Governativa Generale.
Per risparmiare il terreno avevano iniziato a costruire nel sottosuolo. Centri commerciali, uffici di ogni genere e poi anche ospedali e scuole. Tanti piani interrati che forse alla fine avrebbero raggiunto l’anticamera dell’inferno.
I sistemi di ventilazione erano asfittici per l’interno e maleodoranti per la superficie. I liquami, convogliati in grandi vasche di accumulo all’esterno a cielo aperto, grazie a centrali di pompaggio avrebbero dovuto essere convogliati ai depuratori che nessuno aveva mai costruito.
Ai bordi delle LOK. si trovano le “piscine nere” come le chiama la gente. Laghi di liquami che tracimano nel terreno emettendo miasmi che tengono lontani anche i topi di fogna che a loro volta preferiscono penetrare nelle abitazioni.
Per garantire la salute pubblica la AGG distribuiva alla popolazione tonnellate di antibiotici. Un popolo di ammalati e storditi.
In quel momento la puzza percepita da Deulizia era diversa dal solito. Comprese l’origine della variazione dell’essenza; passando vicino alla gigantesca ventola vide che buona parte della protezione in rete era stata divelta. Appesi alle pale vorticavano parti di corpi umani che tendevano alla decomposizione.
Molte erano avvolte in brandelli di tessuto ancora riconoscibile. Pezzi di giacche verdi con grandi bottoni argentati, le uniformi del Corpo dei Dragoni, e poi residui di abiti grigi e bianchi. I colori preferiti da funzionari e dirigenti della AGG e delle conglomerate che possedevano fabbriche e terreni coltivabili.
Deulizia accelerò allontanadosi. Quello che aveva visto doveva essere la conseguenza degli scontri avvenuti nelle prime ore della protesta. Improvvisamente non si sentì più parte di quel mondo. Era la seconda volta nel corso della sua esistenza che percepiva la realtà come indifferente.
Lei non era nata da quelle parti. Aveva visto la luce in una LOK. dal numero incredibilmente basso. La gente le chiamava le “città bianche” e generalmente per tutta la vita quasi tutti non le avrebbero mai visitate o viste semplicemente anche in lontananza.
Erano i luoghi dove vivevano i cittadini con il diritto di voto. Sedi dei principali uffici governativi e degli organi politici e religiosi. Belle, pulite ed ordinate. Con parchi e giardini ed il cielo azzurro, lontane dai fumi e vapori delle LOK. agricole ed industriali. L’acqua chiara sgorgava da fontane e legioni di robot e sistemi automatizzati provvedevano ad ogni genere di manutenzione e servizio riducendo al minimo il numero delle persone non votanti che accedevano a quelle aree.
Era cresciuta, ultimato felicemente il ciclo di studi ed il suo impiego e destino erano già decisi, sicuri ed inviolabili. Ma lei sentiva una distorsione. Impiegata in una Direzione Periferica aveva visto il mondo degli altri che sentiva vivi come lei. Non riuscì più ad accettare ipocrisia e vigliacchieria e si allontanò dalla famiglia e dalle “città bianche”. Diventò una reietta ignorata per sempre da famigliari e parenti ma il suo spirito si elevò sorretto dal vento della libertà anche se rinunciando alla pianificazione ministeriale personale fu depennata per sempre dagli elenchi dei votanti.
In lontananza udiva rumori ed echi di slogan gridati dalla folla. Proseguì per la lunga via del Mercato, generalmente sempre animata da venditori e clienti, ora era spettralmente vuota.
Vide delle macchie rosse che bagnavano la polvere del marciapiede.
Si infittivano fino a diventare una scia, di sangue.
Steso a terra tra due banchi vuoti giaceva un giovane funzionario della GEST.URB., la conglomerata privata che gestiva in appalto dalla AGG le LOK.; portava il vestito azzurro classico per quel genere di impiegati.
Il sangue colava dal suo addome lacerato da qualche arma improvvisata. Bagnava i resti della camicia bianca. Deulizia inziò ad avvicinarlo rapidamente, istintivamente pronta a soccorrerlo, ma da una porta accanto uscì un vecchio dalla barba bianca e ispida che brandiva un lungo e robusto tubo metallico.
L’anziano con un breve passo raggiunse il dipendente della GEST.URB. e colpì la testa del ferito con il tubo. Per tre volte. Deulizia sentì il rumore del cranio che si spaccava e vide la materia cerebrale che schizzava sul consunto abito dell’uomo.
Era integralmente dissociata. Il vecchio rimase immobile sul marciapiede con il ferro insaguinato in una mano e lo sguardo inebetito perso nel vuoto.
Proseguì nel suo cammino. Aveva iniziato la nuova vita lavorando come meccanico in uno stabilimento dove producevano motori ad idrogeno sperimentali; due suoi colleghi avevano raggiunto il loro personale Creatore al quale erano devoti a causa di diverse piccole carenze progettuali, come disse la direzione.
Dopo qualche giorno dall’arrivo a LOK.23987 si avvicinò ad uno degli assembramenti vocianti e caotici che aveva notato dal momento che era entrata in quella città.
Scoprì la pallasporca. Due squadre improvissate di 20 elementi ciascuna si contendevano un pallone da calcio con poche regole e molti spintoni.
Ogni posto era buono per inventare sfide e giocare. Gli spettatori incitavano, insultavano e frequentemente si pestavano tra di loro anche dopo il termine dei tre tempi da 30 minuti l’uno.
Era l’equivalente dell’antico sport del calcio. Nelle “città bianche” lo si praticava in campi erbosi e seguendo le storiche regole disputando un campionato annuale regolare.
Nelle LOK si giocava dove capitava. Piazzali, strade chiuse, capannoni abbandonati. Lo chiamavano pallasporca perché alla fine i giocatori erano luridi di pioggia e polvere e segnati da lividi e ferite provocati dalle cadute e dai contatti, sempre pesanti, con gli avversari. L’arbitro era quasi inesistente, a volte agguantato e bloccato dal pubblico che gli impediva di intervenire.
Alla fine di uno dei tanti e sempre simili turni di lavoro in stabilimento Pierjames, un compagno di lavoro alto e con le orecchie a sventola, le chiese se aveva voglia di divertirsi. La invitò a partecipare ad una partita, mancava il portiere.
Deulizia accettò. Era convinta che del movimento fisico e magari anche un minimo di divertimento le avrebbero fatto bene.
Il campo prescelto era costituito da un vecchio piazzale dall’asfalto ruvido e segnato da buche di ogni dimensione che, con il contributo della pioggia, erano diventate pozzanghere viscide. Sulla superficie consumata di un muro in cemento sbrecciato e cadente era stato tracciato, con della vernice rossa, un rettangolo dai contorni serpeggianti.
Quella era la porta. Ed imparò subito una caratteristica fondamentale della pallasporca.
Le squadre sono due ma il portiere è uno solo; e tutti i partecipanti giocano contro di lui cercando di segnare. Il vero unico arbitro e baricentro della situazione e, se bravo, seguito da folle di ammiratori personali.
Della sua prima partita Deulizia ricordava molti segni neri sulla pelle ed i cerotti. Ma era brava e continuò a giocare tra un riposo e l’altro migliorando sempre.
Alla fine di un incontro fu avvicinata da una donna alta e non più giovane dai capelli grigi e ribelli che sfuggivano al pettine in ogni direzione. Si presentò come Ekaterine, proprietaria di una rivendita di ogni mercanzia; le chiese se poteva passare al negozio. Ekaterine voleva parlargli.
Deulizia passò da quelle parti e dopo essere stata gentilmente fatta accomodare sopra un cassa contenente qualche genere mercantile indefinito le fu chiesto se sarebbe stata interessata ad entrare nel giro della pallasporca professionale.
Ekaterine odiava l’ipocrisia e parlò chiaro. Il caotico emporio non era la sua unica attività. Era anche una esponente della krikkah; l’organizzazione illegale che ideava traffici ed attività illecite di ogni genere.
Alla krikkah la pallasporca piaceva e per la grande gioia dei concittadini si impegnava ad organizzare partite. Per le quali gestiva poi scommesse clandestine per cifre spaventose e lucrava abbondantemente sui diritti che i network versavano per rilanciare in tempo reale in rete gli eventi.
Si poteva guadagnare bene, soldi dai network e dagli sponsor pubblicitari, accompagnati dai contributi personali della krikkah. Deulizia si rese conto che aveva l’occasione di procurarsi un reddito allontanandosi dalla monotonia di un lavoro logorante. Intravide una splendida avventura.
Accettò ed entrò a fare parte dell’ Ordine dei Portieri, l’associazione che gestiva e tutelava quella particolare ed unica professione sportiva.
L’ Ordine dei Portieri in sintonia con la Associazione della Sfera, che rappresentava gli altri giocatori, provvedevano a creare le squadre che poi si sfidavano in singoli incontri o tornei.
Passo dopo passo, con prudenza, Deulizia aveva raggiunto la grande e rotonda Piazza del Culto dominata dalla facciata ingiallita di una vecchia cattedrale sopravvissuta alla storia ed alle tante ristrutturazioni urbanistiche. Parecchie vie raggiungevano, o si diramavano, dalla Piazza del Culto in tutta la LOK.. Da una delle più strette arrivava il rumore sempre più forte dei passi pesanti e delle voci di un nutrito gruppo di persone in avvicinamento. Deulizia rimase immobile, in attesa del loro passaggio.
L’improvvisato corteo, formato da persone con indosso gli indumenti da lavoro, era guidato da una ragazza robusta con i capelli rasati ed il cranio tinto di nero lucido dall’espressione determinata che teneva tra le mani una lunga ed indistruttibile asta di fibra di carbonio.
Sulla sommità era infilata una testa, probabilmente in precedenza attaccata al corpo di qualche dirigente, ormai gonfia di liquidi necrotici e coperta di macchie marroni di sangue rappreso.
Sotto di essa erano legati svariate maniche di giacca e pezzi di pantaloni di ogni colore che formavano un grande ed irriverente simbolo funereo.
I componenti del gruppo camminavano uniti, spalla contro spalla, ed ogni tanto urlavano a squarciagola: - sangue! libertà! e sempre pallasporca!-.
La popolazione era stata educata e condizionata all’efficienza ed alla produzione; e questo avveniva anche durante la protesta.
I lavoratori svolgevano il proprio turno di lavoro. E così tutto, o quasi, funzionava. Poi, adeguatamente organizzati, dedicavano alcune ore dei periodi di riposo alla devastazione e questo per i funzionari di ogni livello era la morte che arrivava con i tempi e metodi da loro sempre apprezzati e predicati. Li lasciò passare mentre un rivolo di gelido sudore si faceva strada tra i pori e la pelle della schiena. Deulizia, prima di muoversi di nuovo, attese che la mente iniziasse a metabolizzare le nuove forme dell’orrore. E cercò di pensare ad altro.
Come professionista della pallasporca il suo corpo era ampiamente impiantato con potenziamenti di ogni genere. Gli organi biomeccanici, in origine utilizzati dai lavoratori per migliorare la risposta fisica alle esigenze delle mansioni da svolgere, nelle LOK. erano in vendita ovunque e costavano veramente poco. Erano anche inseriti nei corpi da chiunque, per la AGG ufficialmente non si trattava di medicina ma semplicemente di “ausili corporei”.
Imparò a proteggere il corpo con tute imbottite e spessorate nei punti strategici. Ma, nonostante l’esercizio in una palestra di proprietà di un clan della krikkah, aveva una capacità polmonare limitata.
Il suo primo impianto lo istallò il “cambogiano”. Titolare di un piccolo esercizio dove vendeva pesci marinati e nel retrobottega, tra fornelli e vasetti, praticava l’impiantistica perché specializzato in medicina chirurgica. La sua famiglia non apparteva a nessuna Corporazione Ufficiale e per la AGG doveva attendere una collocazione. Una attesa eterna. Così l’omino dai tratti vagamente asiatici ma dalla pelle bianca, quasi albina, per integrare si mise in “affari” con gli alimentari. Posizionò all’imbocco dei polmoni di Deulizia due microturbine; tanto fiato a prezzo modico.
Alla seconda partita successiva all’istallazione Deulizia inspirò ed ebbe alcuni colpi di tosse secchi, profondi; poì percepì qualche cosa di estraneo in bocca. Sputò alcune delle nanopale delle microturbine.
Alla fine all’ Ordine dei Portieri la presero in giro tutti. Non era la prima persona, e neanche l’ultima, che doveva confrontarsi con la scarsa qualità dei prodotti ecessivamente economici del “cambogiano”.
Il corpo di Deulizia non rilasciava più il freddo sudore. Si mosse ed imboccò una strada che conduceva direttamente all’area di intertrasporto.
Ai lati tutti gli edifici della GEST.URB. e della AGG mostravano le tracce di incendi che si erano estinti da soli, dopo che il fuoco aveva divorato tutti gli elementi combustibili.
Passò di fronte ad un Comando dei Dragoni. Era un cumulo di macerie. L’avevano demolito. Un rullo compressore a comando remoto stava schiacciando, uno schianto rumoroso dopo l’altro, tutte le autovetture dei Dragoni prepitosamente abbandonate in posizioni disordinate.
I giorni della pallasporca, come piaceva a Deulizia, erano ormai immensamente lontani da lei. Tutti i giocatori avevano impianti di ogni genere a comando neurale. Atleti potenziati al massimo sviluppo.
Solo il portiere aveva un ruolo. Gli altri agivano in squadre organizzate da allenatori temporanei ma non avevano funzioni stabili. Si scambiavano di posizione, tra corse, salti, acrobazie e mosse col pallone che erano abilità e magia.
Ed il pubblico andava in delirio.
Deulizia rivedeva tutte le registrazioni della sue partite, per apprendere dai possibili errori e migliorare il suo stile, ed era allora che godeva di quello che riteneva il vero e grande spettacolo della pallasporca: il pubblico.
Che urlava e saltava, Ballava e mangiava. E beveva. La partita era canto, festa e sfogo libero di energie.
Alla fine, quando era ora di riscuotere, lei ed altri finanziavano il Movimento. Una associazione libera che teneva corsi extrascolastici e che, con la passione ed il lavoro volontario di tanti, tentava si elevare il grado di consapevolezza e la qualità della vita della gente delle LOK. E grazie anche all’impegno di Deulizia i risultati erano incoraggianti.
Pallasporca e Movimento: due ordini liberi. Secondo alcune persone strutture fuori dai limiti.
Anche nelle “città bianche” la gente aveva iniziato a seguire in diretta rete le partite. E gli appassionati erano in costante aumento. Diversi giovani futuri cittadini votanti si recavano, con prudenza, nelle LOK. dai lunghi numeri per assistere agli eventi ed avevano iniziato a legare con i loro coetanei. In molti casi collaboravano attivamente con il Movimento.
Per i 31 saggi del Consiglio Amministrativo della AGG questa situazione era ignobile, eretica e sovversiva.
Secondo loro i legami che si stavano instaurando tra votanti e non votanti avrebbero portato alla caduta di un sistema ormai consolidato da 320 anni.
E decretarono il divieto assoluto di gioco della pallasporca e l’abolizione del Movimento.
Deulizia non ricorda in quale distante LOK dal numero troppo lungo. Ma è consapevole che ormai da allora sono trascorse quasi 6 settimane.
Alla faccia dei divieti due clan, con l’appoggio della krikkah, avevano organizzato un incontro di pallasporca. Clandestino ovviamente ed erano arrivati i Dragoni che avevano interrotto la festa.
Il pubblico si contrariò, i giocatori si imbestialirono ed iniziarono gli scontri che nell’arco di pochi giorni si estesero a tutta la Nazione.
Dopo secoli di condizionamento i non votanti liberarono le loro forze. All’organizzazione “militare” provvedevano gli esponenti della krikkah che avevano preso il comando delle operazioni e non trascuravano di regolare una lunga serie di conti sospesi con il nobile Corpo dei Dragoni.
Nobili che frequentemente avevano fatto concorrenza sleale alla krikkah.
Il Movimento venne resuscitato ed ai vertici si installarono gli Occulti, i misteriosi capi clan della krikkah, che iniziarono a trasformarsi in una entità politica.
Ormai la AGG aveva cessato di esistere e le linde “città biance” erano segnate dal fumo e dall’odore dei cadaveri accompagnati dal fragore di improvvise esplosioni.
Deulizia aveva lasciato una esistenza. Ora chiudeva un altro capitolo. La sua destinazione era Equatore. Un area indipendente dalla Nazione dove, si diceva, avventura e gioia di vivere esistevano ancora. Dove le persone erano uguali e se volevano tutti potevano votare.
Entrò nell’area di intertrasporto quasi deserta. Non esistevano più i controllori e pagò il biglietto direttamente agli Equatoriali che formavano l’equipaggio dello stratoplano diretto ad Equatore.
Le indicarono un posto. Chiuse gli occhi e si rilassò prendendo sonno.
Non percepì la lieve spinta del decollo. La Nazione era rimasta a terra e lei era in volo. Ancora 45 minuti e si sarebbe svegliata alle origini di una nuova vita.

Nessun commento:

Posta un commento