domenica 25 gennaio 2015

LUNGO LE STRADE DELL’AMORE

Guidava la sua berlina nera e lucida con orgoglio. La sognava da quando era ragazzo ed ora Tiberio era seduto al posto di guida, felice.
Climatizzatore al massimo, radio anche, vagava nella notte estiva; gli affari andavano a gonfie vele. Aveva avuto qualche alto e basso, svariate denuce ed un processo per ricettazione era ancora in corso ma ora guadagnava bene e l’avvocato Ventuni era in gamba. L’avvocato aveva fatto uscire dei pluriomicidi ed era sicuro che nel suo caso se sarebbe cavata con poco.
La globalizzazione era stata la sua fortuna, anzi di più: per dirla con le parole di Tiberio una benedizione. Una sera, dopo l’ennesimo arresto, uscendo dalla questura Tiberio aveva conosciuto Pedrito, il sud americano.
Un vero portento l’uomo delle americhe. Uno in grado di procurargli tanta polvere bianca di altissima qualità che Tiberio aveva iniziato a smerciare in quantitativi sempre più grandi.
Ormai lo sapevano tutti gli interessati: se vuoi la cocaina buona vai da Tiberio, alta qualità a prezzi quasi popolari.
Ed erano arrivati i soldi e con quelli se la passava bene ed aveva investito. Finanziava “l’Alchimista”, una sua vecchia conoscenza. Un personaggio in gamba in grado di creare e produrre tante pastiglie ed altra roba sintetica. Articoli che in molte discoteche divoravano.
Quel sabato sera era andata molto bene. Con il solito giro dei bar aveva smerciato tutto il quntitativo di cocaina che possedeva, poi verso mezzanotte si era fermato nel parcheggio dove si danno appuntamento i giovani per riunirsi prima di partire per le loro scorribande. E tutte le sostanze chimiche erano andate a ruba.
Gli rimaneva un portafogli che scoppiava di contante; bellissimo ricordo di una delle più grandi serate della sua esistenza.
Ogni tanto si specchiava nel retrovisore; vestiti firmati ed eleganti, acconciatura esagerata e barba apparentemente trasandata ma in realtà maniacalmente curata pensava di essere bello come il sole. Anzi di più: si sentiva coluti che illuminava l’afosa notte estiva.
Girando con aria distratta il volante, quasi scegliendo un percorso casuale, puntava verso la periferia. Dopo pochi minuti attraversava una zona industriale. Luci ambra, strade deserte e capannoni chiusi per ferie. Unica presenza tante donne in vendita. Ogni gruppo nella sua area secondo le origini e le decisioni dei controllori del giro.
Procedendo lentamente Tiberio osservava le prostitute, ogni tanto salutava qualche sua cliente, e sorrideva sornione.
Al termine della zona industriale una grande rotatoria permetteva di imboccare i raccordi della tangenziale o la vecchia statale, ormai poco frequentata. Tiberio senza esitazioni si era inserito sulla statale. I lampioni giallo ambra terminavano lasciando spazio ad una illuminazione datata che proiettava sull’asfalto una luce quasi azzurra, gelidamente metallica.
Questa strada era il posto preferito di Tiberio ed anche il suo segreto incoffessabile. Quella era la via dove esercitavano transessuali e travestiti. Impazziva per quelle creature che per lui erano quasi mitologiche, corpi femminili con attributi maschili.
Ovviamente ufficialmente Tiberio era un play boy; questa almeno l’immagine indispensabile per la sua clientela, ma lui non era così e quella notte cercava quello che più desiderava.
Si guardava intorno e non vedeva nessuno; probabilmente i “trans” si erano spostati in luoghi per loro più reddittizi. Poi a fianco di un new-jersey dal basamento ormai infestato da delle grasse erbacce aveva visto una apparizione. Se fosse stato giorno avrebbe potuto essere un miraggio da come era attraente.
Altissima, con un tacco dodici che la rendeva ancora più slanciata, capelli fini e lunghissimi. Scarpe, minigonna ed una leggerissima camicetta tutto coordinato in giallo vivo. Pelle bianca e liscia.
Sembrava essere stata collocata lì da qualche misteriosa forza della natura che l’aveva prelevata direttamente da una spiaggia della California del sud.
Tiberio prese immediatamente la decisione di togliersi una grande soddisfazione e mentre fermava la sua fiammante berlina contemporaneamente abbassava il finestrino.
- Dai bella, vuoi fare un giro? –
Nessuna risposta. Però intanto aveva allungato la mano, aperto la portiera ed era salita in macchina. Si era seduta con naturalezza accanto al guidatore.
Tiberio, dopo averla osservata per qualche istante, ripartiva e nel giro di una manciata di secondi si portava lungo una piccola strada non asfaltata che a sua volta terminava a ridossa di una massicciata ferroviaria. Una volta lì esisteva un passaggio a livello poi chiuso.
Era rimasta una piccola piazzola ed i resti diroccati di una casetta di servizio delle ferrovie. Un luogo isolato con polvere, sassi, profilatici usati e qualche vecchia gomma abbandonata contornata dai resti dei bisogni fisiologici di coloro che si servivano di quel luogo. Una discarica abusiva e latrina ausiliaria che era anche la “garsonniere” preferita da Tiberio.
Secondo lui andava benissimo; era isolato, nessuno poteva vedere ed ora, complice una dose della cocaina che lui stesso vendeva inalata alla fine del giro di vendite, moriva dalla voglia di sfogare i suoi istinti.
La vettura era ferma e lei scese, sempre senza dire una parola e dopo qualche passo si trovava ferma ed immobile tra il muso dell’automobile ed un muro decrepito. Anche Tiberio era sceso e l’aveva raggiunta; lui era di media statura e lei lo sosvrastava di 20 centimetri.
- Allora? Cosa aspettiamo? - . Lei, nel mutismo più assoluto accarezzò le sue spalle stringendolo in un abbraccio.
Approffittando della vicinaza Tiberio aveva fatto scivolare una mano sulla minigonna e palpeggiando esclamò con la voce impastata – Sei messa bene come attributi; così siete le mie preferite -.
Poi il trans allargando le braccia terminava l’abbraccio e guardava negli occhi Tiberio.
- Belli i miei occhi, vero? Sei una romanticona ma adesso dimmi quanto vuoi e facciamo sesso . . . dai alza la gonna e fammi vedere –
Le ultime parole di Tiberio lo spacciatore. Il travestito allunga le braccia e lo afferra per le spalle. Il pusher lo guarda negli occhi e vede che sono rossi come braci.
E poi nota la bocca, aperta; denti bianchi candidi affilati ed i canini aguzzi. Il cervello di Tiberio vede, ha orrore e prova dei dolori spaventosi. La stretta alle spalle ha spezzato le ossa, maciullato i muscoli e ridotto i tendini a fili morti ed inerti.
Prova tutto questo ma non riesce ad urlare. La sua mente non comanda il corpo ed il movimento non esiste; rimane la sensazione di non toccare più il lurido suolo di quel posto.
Preso per le spalle e sollevato. Poi lei lo avvicina al proprio volto ed i canini penetrano la pelle lavata dal sudore di Tiberio. In pochi attimi il suo sangue svanisce risucchiato e non rimane che l’oblio eterno che accompagna la morte.
Lei, dopo avere allontanato la bocca, tiene il corpo morto con una sola mano; raggiunge ed asporta il portafogli e lascia cadere quello che rimane di una persona come se fosse uno straccio sporco.
Estrae il contante e con un gesto tanto naturale quanto distaccato manda anche il portafogli per terra. Con calma assoluta risale in automobile ed arrotola le banconote infilandosele nel reggiseno.
Poi vede un foulard di seta in un portaoggetti; lo afferra, e guardandosi nello specchietto di una aletta parasole, lo usa per pulire accuratamente la bocca dai residui di sangue. Infine passa il rossetto e si sistema il trucco.
Scende e con passo costante e distaccato si incammina. Dopo avere raggiunto di nuovo la statale muove le gambe ancora per qualche minuto e raggiunge un motel.
Il luogo dove alloggia. Un posto squallido e maltenuto dove paghi e non fanno domande; il residence preferito di trans e prostitute.
Un interessante rapporto commerciale sia per la direzione della stanberga macchiata dalle piogge acide che per la clientela bisognosa di riservatezza.
Raggiunge la sua stanza e si assicura che le finestre sia chiuse bene; tra poco sarà l’alba e lei non vuole la luce. Assolutamente.
I vampiri sono incompatibili con il sole. Si corica sul letto e la sua mente si abbandona alle riflessioni di una esistenza maledetta e pluricentenaria.
Kurt Von Roetklerg. Creatura della notte; essere orrendo e con un peso supplementare da portare rispetto ai suoi simili.
Un corpo da uomo che imprigiona l’anima di una bellissima donna.
Ma il tempo era stato galantuomo. Era arrivata questa epoca dove anche quelli come lui possono essere una donna.
La speranza, se per un vampiro è un vocabolo accettabile, è di vedere questi costumi non tramontare mai. Oltre a questo la possibilità di avere tutto il sangue che si desidera prendendolo dai corpi di persone per le quali, una volta morte, non piange nessuno.
Quel luogo gli piaceva. Kurt Von Roetklerg pensava di fermarsi in quella città per sempre. Nessuno si sarebbe accorto della sua presenza così come non sarebbero mai risaliti a lui indagando sulle cause delle morti che provocava.
E poi i soldi. Aggirandosi in strada si era procurato tanto contante ed alla fine dell’estate le ore di luce si sarebbero ridotte.
Una grande occassione per una signora elegante come lui che nelle ore serali avrebbe potuto dedicarsi allo shopping nelle migliori boutique di abbigliamento.
Il maresciallo dei Carabinieri si guardava intorno. Non era la prima volta che interveniva sulla scena di un delitto. I suoi uomini avevano isolato l’area per permettere agli specialisti del reparto di investigazioni scientifiche di svolgere il loro compito nel migliore dei modi.
Erano stati avvisati dal macchinista di un locomotore di manovra che era passato lentamente sui binari di quella ferrovia neanche più secondaria ed ormai quasi dimenticata.
Al telefono aveva raccontato di una automobile ferma e quello che gli era sembrato un corpo steso tra dei vecchi copertoni ed altri rifiuti. Il maresciallo arrivato sul posto lo aveva riconosciuto subito; Tiberio lo spacciatore, morto.
Cadavere dissanguato, lesioni spaventose alle spalle, segni di morsicatura al collo, e nessuna traccia di tutto il sangue perso.
La vettura impolverata ed i resti di un essere umano assediati dalle mosche erano segno che il delitto era stato compiuto da qualche giorno.
E non era il primo. Il terzo malavitoso, forse il quarto, ucciso con quelle modalità dall’inizio dell’anno e come per almeno altri due casi precedenti nessuna impronta, nessun riscontro.
Nulla. Forse regolamenti di conti; oppure una guerra tra bande.
Uno dei delitti presentava condizioni differenti; scavando nel passato della vittima era venuta alla luce una brutta storia di amori finiti e gelosia. Ma con questo tre delitti erano identici.
Anche l’esistenza e l’ambiente frequentato dai deceduti erano comuni. Piccola criminalità di basso livello ed una lunga serie di precedenti penali per spaccio, rapina, truffa e sfruttamento della prostituzione.
E per tutti la fine lungo quelle che molti, ironicamente, definiscono le strade dell’amore.
Accanto al maresciallo il medico legale, giovane e fresco di praticantato di ospedale, magro e bianco nel suo vestito ordinato trattiene a stento il disgusto; si abituerà a scene del genere, ha tutto il tempo.
Il sostituto procuratore della Repubblica, una signora di taglia forte accaldata, osserva la scena con preoccupazione; tre delitti simili, orrendi ed inspiegabili, in una piccola relativamente tranquilla città.
E buio assoluto nelle indagini.
Il maresciallo guardava e si perdeva nei propri pensieri. Il mondo delle quali le vittime erano cittadini è impenetrabile, silenzioso; l’omertà è la regola e nessuno parla con le forze dell’ordine. Anche la solita coppia di informatori abituali, sempre di traballante attendibilità, non sapevano nulla.
Magari un assassino seriale; uno psicopatico omicida che uccide noti criminali di provincia di basso livello oppure un trans o una prostituta folli.
Qualche ricerca in rete il sottufficiale dell’Arma l’aveva fatta, per vedere se trovava qualche analogia. Era riuscito ad individuare un vecchio libro, stampato per l’ultima volta negli anni ’70, scritto da un celebre occultista che aveva elaborato il testo in età avanzata.
Parlava di misteri irrisolti che l’autore legava indiscutibilmente all’occulto. Lo scrittore, prima di dedicarsi alle sue ricerche, in gioventù era stato in polizia assegnato alla Questura di Milano negli anni ’50.
Un capitolo era dedicato all’uccisione di un usuraio, trovato morto nella propria abitazione nelle stesse identiche condizioni dei cadaveri dei quali doveva occuparsi il maresciallo.
Il colpevole non era mai stato individuato; ma secondo l’occultista la responsabilità doveva essere attribuita sicuramente ad un vampiro.
Il maresciallo dei Carabinieri osserva ancora il cadavere.
I vampiri. Che assurdità, i vampiri non esistono.

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