Guidava
la sua berlina nera e lucida con orgoglio. La sognava da quando era
ragazzo ed ora Tiberio era seduto al posto di guida, felice.
Climatizzatore
al massimo, radio anche, vagava nella notte estiva; gli affari
andavano a gonfie vele. Aveva avuto qualche alto e basso, svariate
denuce ed un processo per ricettazione era ancora in corso ma ora
guadagnava bene e l’avvocato Ventuni era in gamba. L’avvocato
aveva fatto uscire dei pluriomicidi ed era sicuro che nel suo caso se
sarebbe cavata con poco.
La
globalizzazione era stata la sua fortuna, anzi di più: per dirla con
le parole di Tiberio una benedizione. Una sera, dopo l’ennesimo
arresto, uscendo dalla questura Tiberio aveva conosciuto Pedrito, il
sud americano.
Un
vero portento l’uomo delle americhe. Uno in grado di procurargli
tanta polvere bianca di altissima qualità che Tiberio aveva iniziato
a smerciare in quantitativi sempre più grandi.
Ormai
lo sapevano tutti gli interessati: se vuoi la cocaina buona vai da
Tiberio, alta qualità a prezzi quasi popolari.
Ed
erano arrivati i soldi e con quelli se la passava bene ed aveva
investito. Finanziava “l’Alchimista”, una sua vecchia
conoscenza. Un personaggio in gamba in grado di creare e produrre
tante pastiglie ed altra roba sintetica. Articoli che in molte
discoteche divoravano.
Quel
sabato sera era andata molto bene. Con il solito giro dei bar aveva
smerciato tutto il quntitativo di cocaina che possedeva, poi verso
mezzanotte si era fermato nel parcheggio dove si danno appuntamento i
giovani per riunirsi prima di partire per le loro scorribande. E
tutte le sostanze chimiche erano andate a ruba.
Gli
rimaneva un portafogli che scoppiava di contante; bellissimo ricordo
di una delle più grandi serate della sua esistenza.
Ogni
tanto si specchiava nel retrovisore; vestiti firmati ed eleganti,
acconciatura esagerata e barba apparentemente trasandata ma in realtà
maniacalmente curata pensava di essere bello come il sole. Anzi di
più: si sentiva coluti che illuminava l’afosa notte estiva.
Girando
con aria distratta il volante, quasi scegliendo un percorso casuale,
puntava verso la periferia. Dopo pochi minuti attraversava una zona
industriale. Luci ambra, strade deserte e capannoni chiusi per ferie.
Unica presenza tante donne in vendita. Ogni gruppo nella sua area
secondo le origini e le decisioni dei controllori del giro.
Procedendo
lentamente Tiberio osservava le prostitute, ogni tanto salutava
qualche sua cliente, e sorrideva sornione.
Al
termine della zona industriale una grande rotatoria permetteva di
imboccare i raccordi della tangenziale o la vecchia statale, ormai
poco frequentata. Tiberio senza esitazioni si era inserito sulla
statale. I lampioni giallo ambra terminavano lasciando spazio ad una
illuminazione datata che proiettava sull’asfalto una luce quasi
azzurra, gelidamente metallica.
Questa
strada era il posto preferito di Tiberio ed anche il suo segreto
incoffessabile. Quella era la via dove esercitavano transessuali e
travestiti. Impazziva per quelle creature che per lui erano quasi
mitologiche, corpi femminili con attributi maschili.
Ovviamente
ufficialmente Tiberio era un play boy; questa almeno l’immagine
indispensabile per la sua clientela, ma lui non era così e quella
notte cercava quello che più desiderava.
Si
guardava intorno e non vedeva nessuno; probabilmente i “trans” si
erano spostati in luoghi per loro più reddittizi. Poi a fianco di un
new-jersey dal basamento ormai infestato da delle grasse erbacce
aveva visto una apparizione. Se fosse stato giorno avrebbe potuto
essere un miraggio da come era attraente.
Altissima,
con un tacco dodici che la rendeva ancora più slanciata, capelli
fini e lunghissimi. Scarpe, minigonna ed una leggerissima camicetta
tutto coordinato in giallo vivo. Pelle bianca e liscia.
Sembrava
essere stata collocata lì da qualche misteriosa forza della natura
che l’aveva prelevata direttamente da una spiaggia della California
del sud.
Tiberio
prese immediatamente la decisione di togliersi una grande
soddisfazione e mentre fermava la sua fiammante berlina
contemporaneamente abbassava il finestrino.
-
Dai bella, vuoi fare un giro? –
Nessuna
risposta. Però intanto aveva allungato la mano, aperto la portiera
ed era salita in macchina. Si era seduta con naturalezza accanto al
guidatore.
Tiberio,
dopo averla osservata per qualche istante, ripartiva e nel giro di
una manciata di secondi si portava lungo una piccola strada non
asfaltata che a sua volta terminava a ridossa di una massicciata
ferroviaria. Una volta lì esisteva un passaggio a livello poi
chiuso.
Era
rimasta una piccola piazzola ed i resti diroccati di una casetta di
servizio delle ferrovie. Un luogo isolato con polvere, sassi,
profilatici usati e qualche vecchia gomma abbandonata contornata dai
resti dei bisogni fisiologici di coloro che si servivano di quel
luogo. Una discarica abusiva e latrina ausiliaria che era anche la
“garsonniere” preferita da Tiberio.
Secondo
lui andava benissimo; era isolato, nessuno poteva vedere ed ora,
complice una dose della cocaina che lui stesso vendeva inalata alla
fine del giro di vendite, moriva dalla voglia di sfogare i suoi
istinti.
La
vettura era ferma e lei scese, sempre senza dire una parola e dopo
qualche passo si trovava ferma ed immobile tra il muso
dell’automobile ed un muro decrepito. Anche Tiberio era sceso e
l’aveva raggiunta; lui era di media statura e lei lo sosvrastava di
20 centimetri.
-
Allora? Cosa aspettiamo? - . Lei, nel mutismo più assoluto
accarezzò le sue spalle stringendolo in un abbraccio.
Approffittando
della vicinaza Tiberio aveva fatto scivolare una mano sulla minigonna
e palpeggiando esclamò con la voce impastata – Sei messa bene come
attributi; così siete le mie preferite -.
Poi
il trans allargando le braccia terminava l’abbraccio e guardava
negli occhi Tiberio.
-
Belli i miei occhi, vero? Sei una romanticona ma adesso dimmi quanto
vuoi e facciamo sesso . . . dai alza la gonna e fammi vedere –
Le
ultime parole di Tiberio lo spacciatore. Il travestito allunga le
braccia e lo afferra per le spalle. Il pusher lo guarda negli occhi e
vede che sono rossi come braci.
E
poi nota la bocca, aperta; denti bianchi candidi affilati ed i canini
aguzzi. Il cervello di Tiberio vede, ha orrore e prova dei dolori
spaventosi. La stretta alle spalle ha spezzato le ossa, maciullato i
muscoli e ridotto i tendini a fili morti ed inerti.
Prova
tutto questo ma non riesce ad urlare. La sua mente non comanda il
corpo ed il movimento non esiste; rimane la sensazione di non toccare
più il lurido suolo di quel posto.
Preso
per le spalle e sollevato. Poi lei lo avvicina al proprio volto ed i
canini penetrano la pelle lavata dal sudore di Tiberio. In pochi
attimi il suo sangue svanisce risucchiato e non rimane che l’oblio
eterno che accompagna la morte.
Lei,
dopo avere allontanato la bocca, tiene il corpo morto con una sola
mano; raggiunge ed asporta il portafogli e lascia cadere quello che
rimane di una persona come se fosse uno straccio sporco.
Estrae
il contante e con un gesto tanto naturale quanto distaccato manda
anche il portafogli per terra. Con calma assoluta risale in
automobile ed arrotola le banconote infilandosele nel reggiseno.
Poi
vede un foulard di seta in un portaoggetti; lo afferra, e
guardandosi nello specchietto di una aletta parasole, lo usa per
pulire accuratamente la bocca dai residui di sangue. Infine passa il
rossetto e si sistema il trucco.
Scende
e con passo costante e distaccato si incammina. Dopo avere raggiunto
di nuovo la statale muove le gambe ancora per qualche minuto e
raggiunge un motel.
Il
luogo dove alloggia. Un posto squallido e maltenuto dove paghi e non
fanno domande; il residence preferito di trans e prostitute.
Un
interessante rapporto commerciale sia per la direzione della
stanberga macchiata dalle piogge acide che per la clientela bisognosa
di riservatezza.
Raggiunge
la sua stanza e si assicura che le finestre sia chiuse bene; tra poco
sarà l’alba e lei non vuole la luce. Assolutamente.
I
vampiri sono incompatibili con il sole. Si corica sul letto e la sua
mente si abbandona alle riflessioni di una esistenza maledetta e
pluricentenaria.
Kurt
Von Roetklerg. Creatura della notte; essere orrendo e con un peso
supplementare da portare rispetto ai suoi simili.
Un
corpo da uomo che imprigiona l’anima di una bellissima donna.
Ma
il tempo era stato galantuomo. Era arrivata questa epoca dove anche
quelli come lui possono essere una donna.
La
speranza, se per un vampiro è un vocabolo accettabile, è di vedere
questi costumi non tramontare mai. Oltre a questo la possibilità di
avere tutto il sangue che si desidera prendendolo dai corpi di
persone per le quali, una volta morte, non piange nessuno.
Quel
luogo gli piaceva. Kurt Von Roetklerg pensava di fermarsi in quella
città per sempre. Nessuno si sarebbe accorto della sua presenza così
come non sarebbero mai risaliti a lui indagando sulle cause delle
morti che provocava.
E
poi i soldi. Aggirandosi in strada si era procurato tanto contante ed
alla fine dell’estate le ore di luce si sarebbero ridotte.
Una
grande occassione per una signora elegante come lui che nelle ore
serali avrebbe potuto dedicarsi allo shopping nelle migliori boutique
di abbigliamento.
Il
maresciallo dei Carabinieri si guardava intorno. Non era la prima
volta che interveniva sulla scena di un delitto. I suoi uomini
avevano isolato l’area per permettere agli specialisti del reparto
di investigazioni scientifiche di svolgere il loro compito nel
migliore dei modi.
Erano
stati avvisati dal macchinista di un locomotore di manovra che era
passato lentamente sui binari di quella ferrovia neanche più
secondaria ed ormai quasi dimenticata.
Al
telefono aveva raccontato di una automobile ferma e quello che gli
era sembrato un corpo steso tra dei vecchi copertoni ed altri
rifiuti. Il maresciallo arrivato sul posto lo aveva riconosciuto
subito; Tiberio lo spacciatore, morto.
Cadavere
dissanguato, lesioni spaventose alle spalle, segni di morsicatura al
collo, e nessuna traccia di tutto il sangue perso.
La
vettura impolverata ed i resti di un essere umano assediati dalle
mosche erano segno che il delitto era stato compiuto da qualche
giorno.
E
non era il primo. Il terzo malavitoso, forse il quarto, ucciso con
quelle modalità dall’inizio dell’anno e come per almeno altri
due casi precedenti nessuna impronta, nessun riscontro.
Nulla.
Forse regolamenti di conti; oppure una guerra tra bande.
Uno
dei delitti presentava condizioni differenti; scavando nel passato
della vittima era venuta alla luce una brutta storia di amori finiti
e gelosia. Ma con questo tre delitti erano identici.
Anche
l’esistenza e l’ambiente frequentato dai deceduti erano comuni.
Piccola criminalità di basso livello ed una lunga serie di
precedenti penali per spaccio, rapina, truffa e sfruttamento della
prostituzione.
E
per tutti la fine lungo quelle che molti, ironicamente, definiscono
le strade dell’amore.
Accanto
al maresciallo il medico legale, giovane e fresco di praticantato di
ospedale, magro e bianco nel suo vestito ordinato trattiene a stento
il disgusto; si abituerà a scene del genere, ha tutto il tempo.
Il
sostituto procuratore della Repubblica, una signora di taglia forte
accaldata, osserva la scena con preoccupazione; tre delitti simili,
orrendi ed inspiegabili, in una piccola relativamente tranquilla
città.
E
buio assoluto nelle indagini.
Il
maresciallo guardava e si perdeva nei propri pensieri. Il mondo delle
quali le vittime erano cittadini è impenetrabile, silenzioso;
l’omertà è la regola e nessuno parla con le forze dell’ordine.
Anche la solita coppia di informatori abituali, sempre di traballante
attendibilità, non sapevano nulla.
Magari
un assassino seriale; uno psicopatico omicida che uccide noti
criminali di provincia di basso livello oppure un trans o una
prostituta folli.
Qualche
ricerca in rete il sottufficiale dell’Arma l’aveva fatta, per
vedere se trovava qualche analogia. Era riuscito ad individuare un
vecchio libro, stampato per l’ultima volta negli anni ’70,
scritto da un celebre occultista che aveva elaborato il testo in età
avanzata.
Parlava
di misteri irrisolti che l’autore legava indiscutibilmente
all’occulto. Lo scrittore, prima di dedicarsi alle sue ricerche, in
gioventù era stato in polizia assegnato alla Questura di Milano
negli anni ’50.
Un
capitolo era dedicato all’uccisione di un usuraio, trovato morto
nella propria abitazione nelle stesse identiche condizioni dei
cadaveri dei quali doveva occuparsi il maresciallo.
Il
colpevole non era mai stato individuato; ma secondo l’occultista la
responsabilità doveva essere attribuita sicuramente ad un vampiro.
Il
maresciallo dei Carabinieri osserva ancora il cadavere.
I
vampiri. Che assurdità, i vampiri non esistono.
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