venerdì 11 settembre 2015

LA CITTA' SENZA FIGLI

Zimin Gorislav capitano dell'esercito della federazione Russa, per la prima volta al comando di una missione operativa, cammina lungo le strade di Ostvosk. La figura alta e slanciata, il passo lungo e atletico, quasi contrastano con l'uniforme da campo lurida e strappata.

Il cielo intensamente azzurro sembra eternamente lontano dai fabbricati disabitati, scrostati, popolati da topi che si rincorrono e insetti vagabondi. Gli uccelli volano tra schegge dei vetri che testimoniano un passato che comprendeva le finestre; entrano e escono da locali dai pavimenti e muri ricoperti di muffa.

Il capitano Gorislav deve rallentare; erbe selvatiche e infestanti hanno abbracciato l'abbandono della città e in alcune aree raggiungono l'altezza delle ginocchia. In periferia il profilo dell'orizzonte è tracciato dalle linee dei complessi industriali corrosi e ossidati.

Zimin conta i morti. Vivi sono rimasti in pochi, per ora; nella sua mente è certo che la fine è vicina anche per lui.

I suoi occhi fissano la realtà ma il cervello non la vede. I neuroni puntano all'inizio di tutto questo; un brillante ufficiale in carriera desiderato al centro di Mosca nel cuore del potere.

Le cellule cerebrali vedono di nuovo l'immutabile arredamento degli uffici del Cremlino; pareti rivestite con pannelli di legno scuro, alle finestre spesse tende trasformano la luce del sole in pallida luminescenza. Le porte ricoperte da ampie imbottiture ricordano l'importanza della discrezione.

Il capitano Gorislav Zimin, irrigidito nell'uniforme di servizio, pensa all'eterna monotonia degli uffici ministeriali; tutti invariabilmente simili e osserva la persona che lo ha convocato, Ariy Grishin. Il ministro per l'energia.

Grishin siede dietro una massiccia scrivania, sprofondato in una imponente poltrona in velluto rossa che sembra ingoiarlo; sfoggia completo grigio e camicia bianca, l'abbigliamento di ordinanza del politico medio.

Una sola nota di personalità: la cravatta blu elettrico con decorazioni astratte gialle. Una recente abitudine dei grandi burocrati per sembrare simili ai comuni cittadini.

Per il resto è una persona di statura media, dal fisico appesantito e poco tonico che ha silenziosamente e spietatamente scalato il sistema politico.

Con le mani leggermente sudate apre il coperchio di un carillon verde posizionato quasi al centro della scrivania, accanto a dei fogli scarabocchiati con grafia incomprensibile.

Il capitano Zimin è bene informato; la scatola musicale è per ora un raro simbolo di potere. Poche persone la posseggono.

Non produce suoni. Al suo interno ora brilla una minuscola luce verde; il ricedisturbatore è attivo. Garantisce la solitudine elettromagnetica; tutti i dispositivi di comunicazione e spionaggio diventano sordi e ciechi. Riservatezza assoluta.

Il ministro è di poche parole:



<caro capitano; abbiamo l'esigenza di ripristinare delle attività nella città industriale di Ostvosk. Diversi tentativi hanno avuto conseguenze spiacevoli e non sono andati a buon fine. La questione riguarda l'uranio, è una priorità nazionale>



Una pausa, sospira e fissa intensamente l'ufficiale silenzioso:



< tra 48 ore assumerà il comando di una squadra speciale. Sarete elitrasportati in quella località. Dovete mettere in sicurezza l'area>



Il politico Grishin apre un cassetto e con un gesto studiato estrae un fascicolo; incollata sulla copertina con bave di ceralacca rossa la busta con gli ordini.



< eccole il rapporto relativo alla situazione e le disposizioni di servizio. Può andare >



Il guerriero Zimin scatta in piedi; prima una stretta di mano e poi il saluto militare.

Rapidamente si allontana. Oltre un ora di anticamera per una conversazione di circa 5 minuti.

Luci fluorescenti, schedari grigi e scrivanie economiche bianche. Gli uffici del comando della difesa territoriale alla periferia di Mosca sono l'antitesi di quelli del Cremlino. Sembrano la sede di una banca o di una società finanziaria.

Gorislav è seduto disordinatamente sopra una sedia girevole blu, dondola pigramente e oscilla a destra e sinistra. Ha tra le mani il fascicolo, legge lentamente e riflette.

Le faccende riguardanti l'uranio sono sempre molto, troppo, serie; conducono direttamente alla spina dorsale della economia della madre Russia. Nel 2037 il trattato di Buenos Aires ha stabilito l'abolizione delle emissioni inquinanti in atmosfera.

Alle ciminiere fumanti è rimasto un arco di tempo di 3 anni per sparire; le nazioni che dispongono di tecnologie per la produzione di energie rinnovabili e impatto ambientale zero non hanno problemi.

Per gli stati entrati da poco nella loro personale epoca industriale sono dispiaceri; una clausola del trattato stabilisce che i paesi che non si adeguano dovranno pagare pesanti dazi nell'esportazione delle loro merci e manufatti di qualsiasi natura essi siano.

Una condizione che li trasforma informalmente in colonie sporche in balia di coloro che posseggono l'evoluzione tecnologica.

La gente del Cremlino offre una alternativa; energia nucleare russa con servizio completo.

Installazione e avviamento delle centrali, fornitura del santo combustibile uranio e per finire ritiro e neutralizzazione delle sgradite scorie radioattive.

L'aria rimane pulita e i dazi sono un ricordo. In cambio di questa generosa assistenza la federazione russa chiede rapporti commerciali agevolati e privilegiati, libertà di installazione di basi militari, manodopera e se necessario mercenari destinati al tritacarne dei perenni conflitti a bassa intensità che circondano la federazione.

Lunga vita e prosperità alla grande Russia e ai suoi indiretti feudi. Per questo il capitano Zimin ha imparato a nominare il signor uranio con deferenza e solo se necessario.

I rapporti e le fotografie ricostruiscono la vicenda.

Ostvosk è una città segreta. Alla fine degli anni cinquanta, all'apice della guerra fredda, accanto a una miniera di uranio a cielo aperto sono costruiti, nascosti nella viscere della terra e ricoperti da boschi, 7 reattori nucleari per la produzione di materiale destinato a armare ordigni atomici.

Per l'amministrazione sovietica miniera 12, impianto 39; quasi un gulag dove inviare persone indesiderate, dissidenti e criminali comuni. Dopo anni seguono scienziati e tecnici specializzati.

Nasce la città, mai indicata sulle carte geografiche, e cresce fino a essere popolata da 70.000 abitanti; poi l'Unione sovietica si dissolve.

Impianti fermi e miniere chiuse; stipendi congelati. Ostvosk rapidamente si svuota, abbandonata e dimenticata.

In molti la conoscono ancora con il nome di “città senza figli”; gli elevati livelli di radioattività e la presenza di masse di sostanze tossiche hanno provocato aborti e la nascita di neonati con gravi malformazioni morti tutti nel giro di poche ore.

In quel luogo non sono mai cresciuti bambini e molte madri e futuri padri hanno conosciuto la follia del dolore.

Ora ha la possibilità di essere di nuovo utile. Gli impianti del ministero per l'energia sono in grado di trattare solo una minima parte delle scorie radioattive prodotte dalla clientela; ufficialmente questa è una realtà innominabile.

Dietro lo scenario della finta trasparenza i residui sono accumulati in luoghi remoti, sconfinate discariche radioattive.

Miniera 12 e impianto 39 possono contenere migliaia di tonnellate di materiale irradiato. Inizia l'operazione di ripristino e conversione di Ostvosk. Il ministero invia in successione 3 gruppi di tecnici e attrezzature per effettuare i lavori ma i componenti di tutti i gruppi decedono sul posto.

I rapporti sono confusi, contraddittori; omicidi, suicidi, incidenti anomali. La relazione conclusiva ipotizza azioni di terroristi o infiltrazioni di agenti stranieri inviati con lo scopo di colpire l'economia russa.

Questi motivi richiedono l'intervento delle forze armate; deve essere ripristinata la sicurezza dell'area e i nemici dello stato annientati.

Il capitano Zimin posa il fascicolo sulla sua scrivania immacolata; lo osserva come un oggetto alieno penetrato all'improvviso nella sua esistenza. L'ufficiale ha una espressione preoccupata.

La sua carriera è semplice, quasi ereditaria. Agosto 1991; durante il tentativo di colpo di stato un oscuro sottufficiale anziano e suo figlio un anonimo giovane tenente si schierano con Boris Eltsin. La parte è quella giusta, prevale, e il tenente Zimin diventa progressivamente importante. Sviluppa la sua carriera legandola alla politica. Ha un adorato unico figlio: Gorislav.

Con l'aiuto del padre, congedato dall'esercito e diventato dirigente di gruppi finanziari legati agli oligarchi industriali, il giovane Gorislav entra nelle forze armate amorevolmente protetto.

L'uomo che deve guidare un gruppo di militari scelti nella misteriosa località di Ostvosk non ha mai avuto incarichi operativi; solo divertenti esercitazioni giusto per rompere la monotonia del tempo trascorso in ufficio.

Ora deve sospendere il suo ultimo e comodo incaricato di addetto all'organizzazione di operazioni particolari finalizzate all'assistenza ai veterani; almeno così è presentato in pubblico.

Esistono gruppi di militari che accumulano azioni cruente oltre ogni limite; imbottiti di farmaci e con le vene spaccate dalle iniezioni di stimolanti. A volte dopo mesi, in altri casi in qualche anno, sono completamente incontrollabili, dediti a ogni genere di violenza e devastazione nei confronti di chiunque.

Secondo una circolare del ministero della difesa conviene trasferirli in località remote della federazione, lontano dai guai. Gorislav Zimin organizza con attenzione convogli ferroviari e autocolonne per il loro trasferimento.

Esegue gli ordini; anche quello strettamente verbale che pochi conoscono e nessuno osa scrivere.

Treni e autocarri hanno sempre malaugurati incidenti che provocano il decesso di tutti coloro che sono a bordo. Comunicato ufficiale, funerali di stato e picchetto d'onore.

Tanti soggetti imbarazzanti in grado di divulgare storie innominabili riposano in pace, per il bene di tutti. Una generosa assicurazione rimborsa i famigliari dei caduti.

Il premio assicurativo di coloro che non hanno nessuno disposti a piangerli e ricordarli transita direttamente nel conto corrente di Gorislav e degli altri organizzatori.

Un extra concesso dal governo per stimolare silenzio e menzogne.

Maledice silenziosamente chiunque abbia deciso di coinvolgerlo nelle faccende dell'uranio e sospetta la vendetta trasversale di una fazione opposta a quella dell'illustre genitore; troppo tardi per inventare una ritirata.

Ha una sola scelta: andare avanti.

Trascina il resto della giornata in chiacchiere con i colleghi, quando è solo prende a calci qualche sedia; tenta di scaricare la tensione.

Per distrarsi si reca a Mosca nei quartieri dove al tramonto la luce del sole è sostituita dalla luminosità di fantasmagoriche insegne.

La meta è il suo locale preferito; Reserve Club la discoteca dei giovani rampanti e di famiglia importante. Gli eleganti energumeni posizionati davanti all'entrata lo conoscono bene e lo fanno entrare con grandi ossequi.

Si unisce alla sua solita compagnia di finanzieri corrotti, ricchi sfaccendati e ufficiali arroganti. Musica, stupefacenti, vodka e donne in vendita; una sera e una notte sfrenate, indimenticabili.

Quando sfiancato esce dal Reserve Club lungo le strade trova quasi esclusivamente gli addetti alla raccolta dei rifiuti. La primavera è appena iniziata, la brezza notturna pungente lo riporta in parte alla realtà.

Incrocia rari passanti, ognuno rinchiuso nel loro mondo. Una giovane donna dai lunghi capelli biondi vestita con formali giacca e gonna blu lo scruta; sembra la classica ragazza troppo per bene finita fuori posto per qualche motivo misterioso.

Generalmente le signorine come si deve quando lo incontrano abbassano lo sguardo; il capitano lo trova divertente. Ma questa gli passa accanto, lo sfiora e sostiene la sua vista con un paio di occhi più oscuri che neri.

Gorislav ha la sensazione di averla incontrata altre volte, ma non riesce a ricordare dove e per quale motivo; forse è semplicemente la conseguenza degli eccessi appena compiuti.

Raggiunge l'elegante abitazione da scapolo e si lancia sul letto vestito, con l'uniforme spiegazzata e macchiata di whisky e caffè. Il sonno lo avvolge rapidamente.

Immobile in un grande prato di erba ingiallita; l'orizzonte è una linea perfetta che segnala la base del cielo azzurro. Una donna vestita con una tunica bianca avanza verso di lui; è ricoperta da un sottile e raffinato velo verde.

Si avvicina e nella trasparenza intravede i lineamenti della ragazza incontrata qualche ora prima in strada; poi il cielo diventa nero e liquido come il catrame e il velo si squarcia.

Ha di fronte un orso grigio e bianco dagli occhi neri; la bocca spalancata e il muso sono macchiati di sangue fresco caldo e fumante. L'animale è gigantesco e eretto, tra gli artigli tiene un teschio ingiallito ricoperto di macchie viola. Gorislav si sveglia sudato, con i muscoli irrigiditi e nelle narici percepisce un inspiegabile odore di morte.

Un altro incubo, pensa; ricorda la nonna, nota anche come sensitiva, che racconta storie di esseri mitologici e riti perduti. Forse, anzi certamente, i ricordi dell'infanzia tornano nel sonno alcoolico.

Tutto destinato all'oblio; prima per allinearsi all'ateismo scientifico dello stato Sovietico e ora per rispetto alla religione Ortodossa e al potente zio pope.

La pioggia fine primaverile scende da nuvole grigie; bagna il cemento screpolato delle piazzole di un eliporto nelle vicinanze di Mosca. Hangar dai portoni metallici ossidati sono ricoperti da terriccio e erba; il loro profilo sfuma con i campi all'orizzonte.

Un grosso elicottero da trasporto è pronto al decollo; colorato in arancione sbiadito e bianco sporco. Codice di immatricolazione civile dipinto sulle fiancate con vernice nera ancora quasi fresca.

Militarmente la missione non esiste. Il capitano Zimin nella cavità di un hangar vuoto studia i 14 componenti della squadra al suo comando. Hanno levato le insegne dalle divise, provengono da unità e istituzioni diverse; ogni diramazione del potere vuole essere rappresentata nelle situazioni critiche.

Sorveglianza reciproca e forse tenteranno di ammazzarsi tra di loro; oppure il bersaglio potrebbe essere lui, Gorislav. Le strade pratiche della politica sono sempre tracciate con il sangue.

Una certezza. Lo guardano e dietro i volti seri ridono. Le loro uniformi da campo sono pulite ma sbiadite, vissute in tante operazioni. Quella di Zimin è nuova, forse indossata per la prima volta; hanno già intuito che il loro comandante è al primo vero incarico operativo, un principiante.

Tra di loro il vicecomandante; il tenente Raisa Bogdanov. Una donna giovane, dalle spalle robuste e dai modi decisi.

Salgono sull'elicottero e il capitano osserva il posteriore del tenente Bogdanov. Tutto sommato una serata con lei potrebbe essere interessante. Prendono posto sui seggiolini in tessuto disposti lungo la fusoliera e posizionati per l'occasione. Al centro zaini e equipaggiamenti trattenuti da grosse reti arancioni.

In volo accompagnati dal rumore quasi assordante delle turbine oltrepassano le nubi e dai finestrini entrano caldi raggi di sole. Il tenente inserisce la testa in una cuffia del circuito intercomunicante e con un gesto convenzionale indica al capitano di fare la stessa cosa.

La donna ha un piccolo zaino personale giallo; Zimin la osserva mentre estrae un fascicolo simile a quello ricevuto dal ministro per l'energia. Ha un sussulto interiore che maschera a fatica, sente il sudore colare lungo la schiena.

La documentazione in possesso di Raisa Bogdanov è più spessa di quella che lui ha a disposizione, sono almeno 10 millimetri di fogli in più; un segno importante, di potere.

Il secondo al comando ha maggiori informazioni; politicamente è più forte del capitano.

La voce distorta dall'intercomunicante.



<capitano desideravo informarla che nelle operazioni di scavo di Ostvosk sono state recuperate delle steli e altro materiale archeologico risalente ai pagani slavi. Si tratta di reperti risalenti all'epoca precedente il cristianesimo. Secondo gli archeologi in quell'area sono presenti i resti di diversi templi sacri per quelle ormai lontane popolazioni. Per il resto penso che sia a conoscenza di tutta la situazione in dettaglio>



<grazie tenente. Sono convinto che gli incidenti siano opera di criminali comuni o sabotatori; comunque i programmi industriali delle federazione non si fermano per leggende o speculazioni di archeologi>



<concordo capitano, grazie per l'attenzione>



Atterraggio nei resti di un campo da calcio; trasporto di equipaggiamenti e attrezzature nel vicino centro scolastico. Un edificio relativamente in ordine; a Ostvosk le scuole non sono mai state frequentate.

Nelle aule le spedizioni precedenti hanno ricavato alloggi e lasciato parecchio materiale. Considerato il contesto dal punto di vista logistico le condizioni sono discrete.

Perlustrazioni e pattuglie nel vuoto umano della città abbandonata. Tutti hanno la possibilità di vedere i reperti archeologici ora accumulati nel grande spazio cavernoso e artificiale dell'impianto 39.

Diverse steli di svariate altezze con disegni e incisioni incomprensibili. Il retaggio di una culture latente nell'anima delle persone e repressa da secoli fino a disconoscerla o ignorarla. Tra tutti i militari del drappello nessuno le trova interessanti.

Presidio del nulla; vento e polvere. La strumentazione registra metodicamente la sola invisibile compagnia.

Radiazioni con valori che oscillano tra appena oltre il tollerabile per un organismo umano e quantità che superano le capacità di misura delle apparecchiature. La periferia di Ostvosk si disperde gradualmente in una foresta di querce dall'aspetto anemico e triste; anche loro accarezzate dal soffio dell'uranio.

Giorni che non portano scoperte o novità; un altra mattinata scivola lenta, in nome del dovere. Spari seguiti da un tempo indefinito spezzato da urla.

Gli ufficiali Zimin e Bogdanov escono correndo dall'edificio scolastico e guidati dalle voci raggiungono il luogo dove ha preso la parola un arma da fuoco.

Un corpo a terra mostra fori di proiettile all'addome e al cranio. Nel petto sventrato del cadavere è conficcata una vecchia vanga arrugginita; il sangue colora l'asfalto di rosso.

Il capitano, sforzandosi di mantenere la calma, si rivolge ai militari presenti.



<Maledizione, che cosa è successo?>



Risponde per tutti un soldato scelto dal volto teso e sospettoso.



<il sergente Kasputin è impazzito. Ha ucciso il soldato Belov e ha estirpato il suo cuore, come può vedere lei stesso. Poi è fuggito urlando frasi senza senso.>



La voce preoccupata del tenente.



<avete idea dove sia andato? Che direzione ha preso?>



La risposta alla sua domanda non tarda. Una voce irrompe dal balcone scalcinato di uno dei tanti edifici abbandonati; sopra il sergente Kasputin recita una litania in una lingua incomprensibile.

Ha le braccia alzate; in una mano è evidente la pistola d'ordinanza. Con l'altra brandisce il cuore del soldato Belov e lo sventola come un fazzoletto.

Raisa Bogdanov lo osserva e urla verso di lui.



<sergente, si calmi. Provi a calmarsi. Lei rimane fermo dove si trova e io salgo a prenderla, d'accordo?>



Il sottufficiale interrompe il delirio, abbassa lo sguardo verso la strada. A voce alta e comprensibile risponde.



<tenente non è il caso che si scomodi. Scendo io, immediatamente>



In silenzio si lascia cadere nel vuoto. In pochi secondi i commilitoni si spostano e il suo corpo impatta al suolo. Rumore di ossa compresse e spezzate; morto all'istante.

Da una delle tante profonde crepe che sfregiano il cemento dei marciapiedi emerge un enorme sciame di formiche e avvolge il cadavere in un sudario di insetti.

All'arrivo della notte gli ufficiali sono tesi, non dormono. I soldati hanno incubi. Nessuno lo dice esplicitamente ma l'accaduto sembra associabile a entità sfuggenti o alla pazzia indotta dall'inquinamento che logora il corpo e confonde la mente.

Silenziosi tutti ricordano le chiacchiere da caserma e i rapporti. Forse esiste un infido morbo di Ostvosk, nemico invisibile e spietato impossibile da combattere solo con la forza e il coraggio.

L'alba di un altro giorno; il caporale Mishin, un gigante dalla muscolatura poderosa, è scomparso. Lo trovano all'interno dell'impianto 39 rigido e abbracciato a una stele. Morto dissanguato con le vene recise all'altezza dei polsi. Accanto ha il coltello tattico e i lineamenti del volto deformati in una maschera carnevalesca.

I componenti della squadra sono agitati. I pessimi sogni notturni sono accompagnati da visioni in pieno giorno. Serpenti con tre teste e grossi uccelli con testa di drago; voci che sussurrano in lingue sconosciute.

Tutti vedono un branco di cani alati che si dissolve volando verso il sole.

Subdola arriva la paura degli altri; il terrore di essere assassinati dai commilitoni impazziti. Sorveglianza reciproca non dichiarata. Il capitano è consapevole che scrivere o inviare rapporti non serve.

Le forze armate non sono disponibili a dare credito a eventi del genere.

Nessuno ha più visto il tenente Bogdanov. Seguono delle orme tracciate nella polvere inquinata e poi impresse nel terreno.

Buona dimostrazione di capacità operativa con risultati rapidi. Raisa è tra le querce, seduta con la schiena appoggiata a una pianta. Rivoli di sangue colano da naso e orecchie e il cuore è fermo per sempre.

Morte inspiegabile. Zimin nota che le è scivolato il berretto e una massa di splendidi capelli neri è libera mossi da una leggera brezza.

Un corvo plana veloce; posa le zampe accanto ai resti della donna e inizia a strappare piccoli pezzi di carne da una mano esangue.

La pelle è rigata da venature simili a quelle del legno.

Asserragliati nella scuola la coscienza di ogni singolo individuo ha compreso che sono gli anelli di una catena nelle mani della morte. Allora decidono di allontanarsi, disertano ognuno in direzioni diverse nella speranza di ritardare il più possibile la fine della loro esistenza.

Il capitano non li biasima e non tenta di fermarli; pistola in pugno vaga per la città deserta alla ricerca di qualche indizio. Cerca un nemico da guardare negli occhi. Il cervello non vuole più pensare al prima. Tutte le energie mentali sono concentrate nel tempo presente; tentano di rallentarlo.

Le spiegazioni razionali non esistono. Il capitano Gorislav Zimin tenta di lasciarsi guidare dall'intuito.

Raggiunge lo scheletro di un edificio; è quanto rimane dell'ospedale. Cammina nei corridoi, qualche cartello, sbiadito, ha opposto resistenza al tempo. Attraversa i reparti di maternità e pediatria. Nota che con della vernice gialla una mano anonima ha tracciato dei nuovi nomi: obitorio e cimitero.

Esce, percorre un labirinto di strade vuote. Raggiunge la periferia e si inoltra tra le querce.

Stanco, sudato si ferma al riparo della provvidenziale ombra di uno degli alberi. Riprende fiato e cerca di mettere ordine nei pensieri.

Una visione. Le querce cambiano aspetto e Gorislav è circondato da donne vestite con tuniche bianche e coperte con veli verdi, come nei suoi sogni.

Non dorme, è sveglio e orientato. Sente le loro presenze, lo circondano ondeggiando leggiadre.

Cantano un litania, comprende le parole. Celebrano le schiere di Igor; una voce senza tono entra nella sua mente e lo avverte.



<non usare la pistola. Non farlo. Con noi è inutile>



Rimane immobile. Vuole allontanarsi, ma le gambe sono paralizzate.

Una di loro si avvicina. Pochi centimetri dal suo volto e improvvisamente riconosce una persona quasi dimenticata. Vera Doronin. Lo stesso viso della giovane donna incrociata nell'ultima notte moscovita.

Un giovanile innamoramento passeggero, poi si sono persi di vista.

Sotto il velo è ancora giovane, il tempo non la ha scalfita; parla con dolcezza.



<Gorislav, mio caro; ricordi di noi ora?>

Risponde con voce flebile.



<si, ma non capisco. Perché... la tua presenza, in questo modo e tutto il resto>



<ora comprenderai, mio capitano. Desidero spiegarti. Questo è un luogo pervaso da energie spirituali. Prima di voi e di tanti altri qui sorgevano i templi dedicati a Svarog e alla sua schiera. Sono gli déi che proteggono il nostro, il tuo, popolo.

Poi gli umani hanno fatto false scelte rinnegando da secoli il vero credo. I templi sono rimasti sotto la protezione della terra e la forza di Svarog e i suoi fedeli si è trasferita nell'universo.>



L'ufficiale è sconvolto; La voce di Vera prosegue.



<E alla fine avete scavato e profanato anche quello che rimaneva dei segni di devozione ai vostri protettori. Per avidità, ingordigia, egoismo avete sporcato la madre terra. Siete stolti al punto da colpire con la vostra malvagità la vita nascente>



Nel tempo di un lampo il capitano Zimin ricorda una delle leggende della nonna. Le Vile; esistono, sono loro.

Sono gli spiriti sopranaturali delle donne che hanno perso i figli o che si sono suicidate; assumono sembianze impensabili, hanno poteri magici e amano fedelmente la vendetta. Miniera 12 impianto 39, il nucleo della città senza figli; l'origine delle Vile di Ostvosk.

Ora sono strumenti dell'ira di Svarog e degli déi legati alla sua essenza. E la sua squadra, e quelle precedenti, ne hanno subito le conseguenze.



<sento capitano. Percepisco il tuo animo, ora tutto è chiaro>



<Vera, perché anche tu sei qui? Come sei finita a Ostvosk?>



<molto semplicemente. Anni, il tempo passa, ma è ancora reale. Tu rientri in accademia e io svanisco dalla tua memoria; per un brillante cadetto sono un intermezzo divertente. Fine.

Io credo nel tuo amore. Ma le mie implorazioni non ricevono risposta; per l'uomo che amo sono invisibile.

Vado alla villa del tuo illustre padre e chiedo la sua benevolenza. Lui ride. Una brava ragazza studiosa che vive nei block alla periferia di Mosca non può aspirare al matrimonio con il rampollo di una famiglia emergente.

Mette mano al portafoglio, chiede alla piccola Vera quanto costa. Come una sgualdrina.

Urlo. Ho nel grembo una vita concepita con Gorislav.

Allora il generale e uomo d'affari Zimin afferra il telefono e chiama le sue personali guardie del corpo.

Trascinano Vera nell'autorimessa. Spiegano che deve sparire e arrangiarsi in silenzio con il piccolo bastardo che attende. Due uomini e una donna; individui freddi, muscolosi e spietati.

Strappano i vestiti della studentessa timida e a turno si divertono con lei, la donna guarda e ride. Alla fine è senza forze distesa sul pavimento gelido; allora la gentile signora si avvicina e la colpisce con una infinità di calci all'addome. Poi la buttano in strada>



L'uomo Gorislav Zimin balbetta; la gola è secca e le corde vocali doloranti.



<non sapevo. Non lo avrei mai permesso...>



La Vila lo interrompe.



<non volevi sapere. Esisti solo per il tuo compiacimento. Non proferire inutili giustificazioni; questo è il mio mondo e non puoi dare ordini o imporre condizioni. Ora devi ascoltare, non ho finito.

La ragazza perde la creatura e la dignità. Deve però andare avanti, nel piccolo appartamento inserito in alveare di cemento scolorato la attende un padre malato e vedovo; lei deve occuparsi di lui.

Vera trova un lavoro; World Wide Contractor la più grande compagnia mondiale di mercenari. Impara, combatte per nessuna e cento bandiere e guadagna. Ma per lei è importante solo la rabbia, è una perfetta guerriera. Suo padre lascia questo mondo; sola, opera nel sud est asiatico per importanti clienti non istituzionali. Triadi, yakuza e qualche movimento politico.>



Con la bava alla bocca l'ufficiale esprime i propri pensieri.



<forse hai agito con l'armata e a volte contro di noi. Siamo amici, nemici? Cosa siamo?>



La entità che ora è Vera risponde con voce allegra, divertita.



<siamo amanti, mio caro. Per questo racconto tutto, non posso avere segreti con il mio bellissimo uomo. Dopo tante gole tagliate e vite interrotte desidero la pace interiore. In un antico quartiere delle frenetiche isole nipponiche conosco persone che iniziano la mia mente alla meditazione e agli stupefacenti. Progredisco e vedo la verità che imbeve il mio spirito; decido di abbracciarla.

Grazie alle sostanze giuste il mio corpo, inutile involucro e ostacolo, muore. L'energia vitale oltrepassa i confini di questo misero mondo. Gli dèi sono accoglienti e sono per l'eternità al loro servizio con le sembianze di una Vila.>



Gorislav Zimin attonito e senza parole spera ancora di sognare; forse è un incubo.

Ma Vera Doronin continua a parlare; la sua dolce voce entra nel cervello e lo sospende in attimi infiniti.



<amore, gli dèi sono generosi. Abbiamo potuto ritrovarci, è magnifico>



I veli lasciano intravedere lo sguardo oscuro di una donna che nella notte percorre le strade di Mosca: movimento lento; forse una mano è tesa verso l'uomo terrorizzato.

Non è un arto bianco dalle pelle liscia e profumata; si tratta di una enorme zampa di orso ricoperta da un folto pelo grigio e bianco.

Rapidamente afferra la gola dell'ufficiale; una morsa corredata dalle lame degli artigli che fendono la pelle e recidono arterie e vene.

Gorislav Zimin chiude gli occhi. La sua esistenza è terminata; lo spirito attraversa il cielo di catrame e raggiunge gli inferi dove tra caverne e fiumi di lava è destinato a osservare per l'eternità i propri errori. Senza avere mai la possibilità di rimediare.

Rimangono un bosco di querce e un cadavere nelle vicinanze di una città senza figli e priva di abitanti dove, lentamente, la natura invade le costruzioni dimenticate.

Ariy Grishin, ministro per l'energia, ha avvisato la solerte segretaria. Non vuole essere disturbato da nulla e nessuno nelle prossime ore. Rinchiuso in ufficio, le tende abbassate chiudono fuori il mondo, esamina l'ennesimo rapporto relativo a una spedizione a Ostvosk.

Come sempre tutti morti. Uccisi tra di loro, suicidi e alcuni disertori investiti e deceduti in incidenti stradali.

Tutto perfetto, altri maledetti dannati sono agli inferi.

Peklenc, dio del sottosuolo, osserva il corpo che abita e i buffi indumenti che indossa; nel corso delle ere ha avuto la possibilità di possedere un numero infinito di umani. Ma un ministro, un politico come li chiamano, è la prima volta. Lo trova divertente, ride silenziosamente.

Il dono di Svarog, la Vila Vera, è uno splendore. Potente e devota; doveva proprio esaudire il suo unico desiderio: condurre nel mondo oscuro un umano in particolare.

Alla fine dei conti per Peklenc è sempre uno spirito da sfruttare.

Ora deve tornare a fare il ministro. Prepara la richiesta urgente per una nuova spedizione esplorativa da inviare a Ostvosk, frontiera tra il mondo dei viventi e il suo sotterraneo regno.

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